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KAREN BLIXEN PARTE PER L’AFRICA

2 dicembre 1913, Karen Blixen, scrittrice danese, parte per l'Africa con il barone Bror von Blixen-Finecke, suo cugino e fidanzato (che poi sposerà). Acquisterà una fattoria, per vivere lontano dalla civiltà e cambiare la sua vita. L'esperienza la porterà a scrivere il romanzo autobiografico "La mia Africa", dal quale verrà tratto l'omonimo film. Noi l’abbiamo visto più volte, come spesso abbiamo riletto alcune frasi del libro, sottolineate con cura, tipo: «Gli uomini se ne vanno quando il loro coraggio viene messo alla prova. Di noi ciò che viene messo alla prova è la pazienza, il saper vivere senza di loro».

Chi era però Karen Blixen? Di certo uno spirito ribelle, forse una donna combattiva, anche se questo non traspare dalla pellicola e nemmeno nel libro. Del resto, nella prima parte della sua vita aveva vissuto la placida routine della campagna danese, ma anche gli agi, i pettegolezzi e le mollezze degli ambienti abbienti della vicina Copenaghen. Nei salotti si annoiava profondamente, quasi sentendo che la vita le stesse sfuggendo dalle mani, senza aver provato emozioni reali e autentiche.
Era anche romantica, Karen; profonda nel suo sentimento, che non avrebbe mai trovato nei luoghi comuni della vita civile. Ripete più volte nel film: «Forse lui sapeva, al contrario di me, che la terra è stata fatta rotonda perché non potessimo guardare lontano».

“La mia Africa” viene etichettato come un romanzo autobiografico, e di certo lo è: narra la storia di una donna, vissuta in prima persona. In qualche spunto, però, il testo assume la forza e il carattere di un saggio, circa la vita, l’amore, il destino. Che dire? Karen era anche poliedrica e amava nascondersi dietro alti nomi: al femminile, da Isak Dinesen a Tania Blixen, fino a Pierre Andrézel. I lavori pubblicati erano realmente suoi? Non vogliamo, né possiamo, esprimerci a riguardo. Hemingway, quando gli consegnarono il Nobel, disse che il premio avrebbe dovuto essere assegnato anche a colei che aveva cercato la vita in Africa. Non è poco.

Karen Blixen, note di vita

Karen Blixen nasce venerdì 17 aprile 1885 a Rungsted, in Danimarca. Cominciò giovanissima a scrivere racconti, pubblicati a partire dal 1901. A 28 anni si trasferisce con il cugino in Kenya, dove prese a gestire una fattoria e una piantagione di caffè.
Karen era africana nel cuore e nel sentimento e ha saputo raccontare con calore lo spettacolo naturale di quel continente. Là trasse l’ispirazione per scrivere “La mia Africa”, pubblicato nel 1937. Dal romanzo, nel 1985, nacque l’omonimo film, diretto da Sydney Pollack. Nel cast brillavano Meryl Streep e Robert Redford.

La pellicola ci ha donato sequenze indimenticabili, tutte come contrappunto alla storia di una donna. Il fascino di Redford e la signorilità della Streep si sono uniti a stringere i dialoghi sulla vita, sul presente, sui desideri. Fu lei a dire: “Iniziò la nostra amicizia con un dono”. “Me ne diede un altro più bello: lo sguardo sul mondo attraverso gli occhi di Dio”. Lì inizia la scena del volo in aereo sui fenicotteri rosa.
Nel film troneggia una colonna sonora importante, ripresa più volte durante le sequenze. Si tratta del Concerto per Clarinetto e Orchestra K622 di W.A. Mozart (secondo movimento), composto dal musicista salisburghese nell’ultimo anno della sua vita (1791). Concertazione e immagini si fondono in un lirismo unico, riscaldato dai colori dell’Africa. Comprendiamo come Karen avesse ragione: “Quando gli Dei vogliono punirci, avverano i nostri desideri”.

La scrittrice morirà il 7 settembre 1962.

Il fotografo Richard Avedon, note biografiche

Richard Avedon (1923-2004) è nato e ha vissuto a New York City. Il suo interesse per la fotografia è iniziato in tenera età e si è unito al club fotografico della Young Men's Hebrew Association (YMHA) quando aveva dodici anni. Ha frequentato la DeWitt Clinton High School nel Bronx, dove ha co-curato la rivista letteraria della scuola, The Magpie, con James Baldwin. È stato nominato Poeta Laureato delle scuole superiori di New York nel 1941.

Avedon si è unito alle forze armate nel 1942 durante la seconda guerra mondiale, come fotografo nella marina mercantile degli Stati Uniti. Come ha descritto, “Il mio lavoro era scattare fotografie d’identità”. “Credo di aver fotografato centomila volti prima che mi venisse in mente che stavo diventando un fotografo".

Dopo due anni di servizio, ha lasciato la marina mercantile per lavorare come fotografo professionista, inizialmente creando immagini di moda e studiando con l'art director Alexey Brodovitch presso il Design Laboratory della New School for Social Research. All'età di ventidue anni, Avedon ha iniziato a lavorare come fotografo freelance, principalmente per Harper's Bazaar. Ha fotografato modelli e moda per le strade, nei locali notturni, al circo, sulla spiaggia e in altri luoghi non comuni, impiegando intraprendenza e inventiva che sono diventati i caratteri distintivi della sua arte. Sotto la guida di Brodovitch, è diventato rapidamente il fotografo principale di Harper's Bazaar.

Dall'inizio della sua carriera, Avedon ha realizzato ritratti per la pubblicazione sulle riviste Theatre Arts, Life, Look e Harper's Bazaar. Era affascinato dalla capacità della fotografia di suggerire la personalità ed evocare la vita dei suoi soggetti. Ha catturato pose, atteggiamenti, acconciature, vestiti e accessori come elementi vitali e rivelatori di un'immagine. Aveva piena fiducia nella natura bidimensionale della fotografia, le cui regole si piegavano ai suoi scopi stilistici e narrativi. Come ha detto ironicamente, "Le mie fotografie non vanno sotto la superficie”. “Ho grande fiducia nelle superfici, una buona è piena di indizi”.

Dopo aver curato il numero di aprile 1965 di Harper's Bazaar, Avedon lasciò la rivista ed è entrato a far parte di Vogue, dove ha lavorato per più di vent'anni. Nel 1992, Avedon è diventato il primo fotografo dello staff del The New Yorker, dove i suoi ritratti hanno contribuito a ridefinire l'estetica della rivista. Durante questo periodo, le sue fotografie di moda sono apparse quasi esclusivamente sulla rivista francese Égoïste.

In tutto, Avedon ha gestito uno studio commerciale di successo. E’ stato ampiamente accreditato di aver cancellato il confine tra la fotografia "artistica" e "commerciale". Il suo lavoro di definizione del marchio e le lunghe associazioni con Calvin Klein, Revlon, Versace e dozzine di altre aziende hanno portato ad alcune delle campagne pubblicitarie più famose della storia americana. Queste campagne hanno dato ad Avedon la libertà di perseguire grandi progetti in cui ha esplorato le sue passioni culturali, politiche e personali. È noto per la sua estesa ritrattistica del movimento americano per i diritti civili, la guerra del Vietnam e un celebre ciclo di fotografie di suo padre, Jacob Israel Avedon. Nel 1976, per la rivista Rolling Stone, ha prodotto "The Family", un ritratto collettivo dell'élite di potere americana al momento delle elezioni del bicentenario del paese. Dal 1979 al 1985 ha lavorato a lungo su commissione dell'Amon Carter Museum of American Art, producendo il libro In the American West. Dopo aver subito un'emorragia cerebrale mentre era in missione per The New Yorker, Richard Avedon è morto a San Antonio, in Texas, il 1° ottobre 2004.

(Fonte Avedon Foundation)

Le fotografie

Karen Blixen con Marilyn Monroe e Arthur Miller
Karen Blixen fotografata da Richard Avedon

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