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[PETER BEARD E LA SUA AFRICA]

Peter Beard era un uomo dalle mille contraddizioni, che lo portavano a esprimere se stesso attraverso eccessi o visioni estreme. Possiamo definirlo un fotografo dall’ampio repertorio artistico, che comunque conduceva una vita sociale abbastanza intensa. Grande amante dell'Africa, poteva passare con la medesima eleganza dalla giungla d’asfalto di Manhattan ai Parchi Nazionali del Kenya. C’è anche un’anima “fashion” nel suo lavoro, ben espressa nel Calendario Pirelli edizione 2009, comunque ambientato in Botswana. E’ interessante notare come, sin dalla giovane età, gli piacesse raccontarsi in diari fotografici, completando spesso le fotografie con disegni e collage. La sua famiglia l’ha definito: “Un artista straordinario, un viaggiatore insaziabile, un eroe del movimento per la conservazione dell'ambiente, un amante della vita, dell'avventura, della sua famiglia e dei suoi amici”. Ha amato anche l’Africa, Peter Beard, riuscendo a farla un po’ sua.

Peter Beard è nato a New York City il 22 gennaio 1938. Un'ossessione infantile per la natura gli è sbocciata durante le estati trascorse a Tuxedo Park, con sua nonna che gli ha regalato la prima macchina fotografica: una Voightländer. Scattare fotografie diventò così un'estensione naturale del modo in cui ha iniziato a conservare i suoi ricordi, usando diari meticolosamente realizzati. A diciassette anni ha intrapreso un viaggio in Africa che gli ha cambiato la vita. Era al seguito di Quentin Keynes, l'esploratore e pronipote di Charles Darwin, che stava lavorando a un film per documentare la fauna rara, inclusi i rinoceronti bianchi e neri dello Zululand.

Beard è entrato a Yale come studente in medicina, dove ha formulato la sua ipotesi per la quale gli esseri umani fossero, in effetti, la malattia principale. Ha poi spostato la sua attenzione sull'arte. L'insaziabile desiderio di esplorare l’ha attirato di nuovo in Africa e, invece di completare la sua tesi di laurea, ha inviato i suoi diari dal Kenya, che tra l’altro continuano a essere una parte essenziale della sua produzione artistica.

Negli anni '60 Beard ha ricevuto una dispensa speciale dal presidente Kenyatta per acquistare Hog Ranch in Kenya con il mandato di filmare, fotografare, scrivere e documentare la flora, la fauna e le popolazioni locali. Beard ha lavorato nel Parco Nazionale dello Tsavo mostrando lo squilibrio tra le persone, la terra e gli animali per il suo libro The End of the Game (1965). Nella seconda edizione dello stesso volume (1977) ha documentato una massiccia morte di elefanti e rinoceronti, dove gli animali cedevano alla fame, allo stress e alle malattie legate alla densità.

Nel 1961 aveva conosciuto in Danimarca Karen Blixen (autrice, tra l'altro, di La mia Africa) con cui ha collaborato fino al 1962.

La prima mostra di Beard è stata aperta alla Blum Helman Gallery di New York nel 1975, seguita da una storica mostra personale del 1977 all'International Center of Photography di New York. Da allora Beard ha esposto a livello internazionale. Nel 1996, la mostra retrospettiva di Beard al Centre National de la Photographie di Parigi è stata aperta mentre l'artista si riprendeva dopo essere stato calpestato e trafitto alla gamba dalla zanna di un elefante. La mostra più recente di Beard, “Peter Beard: Last Word From Paradise”, parlava dei due luoghi che amava di più, Montauk e il Kenya. La mostra è stata nel 2016 al Guild Hall Museum di East Hampton, New York.

Nel 2009, è stato scelto come fotografo per il Calendario Pirelli, ambintato in Botswana.

Durante i suoi viaggi e la sua carriera, Beard ha stretto amicizia e collaborato con artisti tra cui Andy Warhol, Francis Bacon, Salvador Dali, Richard Lindner, Terry Southern e Truman Capote. Ha continuato a vivere e lavorare tra New York City, Montauk e il Kenya con la moglie Nejma e la figlia Zara.

Beard ci lascia il 20 aprile 2020.

(Fonte sito dell’autore)

[Le fotografie]

Peter Beard "Bianca Jagger Plane 2"

Peter Beard – Iman - anni 1970

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