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[BRUCE CHATWIN, ANCHE FOTOGRAFO]

Pronunciare il nome di Bruce Chatwin mette i brividi, almeno a chi adesso sta tentando di portarlo alla luce. Di mezzo c’è l’anagrafe, perché sempre colui che scrive ha vissuto tentando di porre una differenza tra “turista” e “viaggiatore”. Il turismo di massa ha rovesciato il tavolo, avvicinando gli orizzonti un tempo lontani; così gli avventurieri, col loro zaino, hanno visto perdere il fascino che li accompagnava. Chatwin, però, difficilmente passa di moda, anche se le distanze del mondo si sono accorciate. Il suo carattere era irrequieto e lo poneva di fronte alla scelta del viaggio, per il quale spesso faceva delle rinunce, quasi non fosse contemplato il ritorno. Il fatto che scattasse fotografie lo rende più vicino a noi, e questo può inorgoglirci; la differenza però vive nell’idea: partire “perché” e non per “cosa”, un'alternativa sostanziale che pochi sono riusciti a dirimere. Chatwin è stato uno di questi.

Ricordiamo. Il 13 maggio è nato Jan Saudek, a Praga nel 1935. Ne abbiamo parlato in passato.

Lo scrittore Bruce Chatwin nasce il 13 maggio 1940 a Sheffield, nello Yorkshire (Inghilterra). Dopo aver compiuto gli studi presso il Marlborough College, nello Wiltshire, inizia a lavorare presso la prestigiosa casa d'aste londinese Sotheby's, nel 1958.

Chatwin, brillante e sensibile sin da giovane, diventa l'esperto impressionista per Sotheby's. All'età di 26 anni, abbandona il lavoro e inizia ad approfondire il proprio interesse per l'archeologia, iscrivendosi all'Università di Edimburgo. Si mantiene lavorando nella compravendita di dipinti.

Nel 1973 viene assunto dal "Sunday Times Magazine" come consulente per temi di arte e architettura. Col magazine svilupperà quel talento narrativo che emergerà di lì poco. Quel lavoro gli permetterà di viaggiare scrivendo.

A Parigi Bruce Chatwin intervista l'architetta irlandese Eileen Gray. Nel suo studio, nota una mappa della Patagonia dipinta dalla donna. Sarà lei a far sì che Chatwin si diriga in quel luogo in vece sua. Chatwin parte per l'Argentina senza informare il giornale. Lo farà all’arrivo, allegando le proprie dimissioni. Il risultato dei primi sei mesi della sua permanenza sarà il libro "In Patagonia" (1977), che consacrerà la fama di Bruce Chatwin come scrittore di viaggi. A lui si devono altri lavori, con i quali affronta il tema del nomadismo, critica il materialismo occidentale e l'antropocentrismo tipico dell'Occidente.

Lo stile di Chatwin è essenziale e asciutto. Scrive di fantasia, attribuendo fatti a persone come fossero reali, che non si riconoscono nelle sue parole. Si era sposato a sorpresa con Elizabeth Chanler, all’età di 25 anni; il che non trovava coerenza con le sue inclinazioni omosessuali. La coppia arriverà alla separazione e anche a una riconciliazione successiva, alla quale sopraggiungerà la morte dello scrittore.

Verso la fine degli anni '80 Chatwin contrae il virus dell'HIV, ma tiene nascosta la sua malattia. Con la moglie si trasferisce nel sud della Francia, dove passa gli ultimi mesi su una sedia a rotelle. Chatwin muore a Nizza il 18 gennaio 1989, a soli 48 anni.

Tra le sue opere si ricordano: “Il viceré di Ouidah”, romanzo in cui racconta la vendita degli schiavi in Africa; “Le vie dei canti”, del 1987, sulle canzoni degli aborigeni australiani; “Utz”, racconto di fantasia che si svolge nella città di Praga.

[Le fotografie]

Bruce Chatwin, foto del viaggio in Patagonia (1974 – 1975).

[In Patagonia, il libro]

E’ il capolavoro di Chatwin. Dopo la seconda guerra mondiale, alcuni ragazzi inglesi, fra cui l’autore, studiando delle carte geografiche, cercavano la terra promessa, il luogo giusto per sfuggire alla distruzione nucleare ormai prossima. Scelsero la Patagonia, e proprio lì si sarebbe spinto Bruce Chatwin, non già per salvarsi da una catastrofe, ma sulle tracce di un mostro preistorico e di un parente navigatore. Lì trovò entrambi e insieme scoprì ancora una volta l’incanto del viaggiare.

La Patagonia, gli si presenta come un deserto: «Nessun suono tranne quello del vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all’infuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca». All’interno di questa natura, da sempre disabituata all’uomo, Chatwin incontrerà un arcipelago di vite e di casi molto più sorprendente di quanto si possa pensare.

Questo libro, durante la lettura, si fa voler bene e procura una sorta d’infatuazione. La Patagonia di Chatwin diventa la vera terra promessa, il luogo prediletto (e mancante) della propria geografia personale, del quale s’inizia ad avvertire il bisogno. E’ capitato anche a chi scrive, che là si è recato: ad ascoltare “il nulla”, a osservare “il sempre”, a scoprire l’umanità perché rara e difficile da attendere.

"In Patagonia", edizioni Adelphi

[Bruce Chatwin fotografo]

Il parlare di Bruce Chatwin richiama immediatamente il suo lavoro di scrittore. Pochi sapevano, assieme alla moglie Elizabeth, che lui durante i viaggi era solito fotografare. Tra l’altro, scattava solo durante il peregrinare, infatti, tra le sue cose, non sono mai state trovate immagini ricordo, relative a cerimonie o ricorrenze varie. Tra l’altro, lui non si definiva viaggiatore e nemmeno fotografo, preferiva chiamarsi scrittore; sempre pronto a partire, però, armato di zaino verso i luoghi più scomodi, dimostrando un forte spirito di adattamento.

I suoi scatti ritraggono paesaggi inconsueti e persone incontrate durante i suoi viaggi. Lui usava la fotocamera come un taccuino, col quale annotava le cose che lo incuriosivano e che voleva rimanessero impresse nella sua memoria.

[Sentieri Tortuosi. Bruce Chatwin Fotografo]

Per meglio conoscere Bruce Chatwin fotografo ecco un libro per la propria biblioteca. I “sentieri tortuosi” sono quelli legati al destino di Bruce Chatwin, che l’hanno condotto in una perenne irrequietezza nei luoghi più disparati, dalla Mauritania ai deserti australiani, fino alla Patagonia. Di fatto Chatwin nei suoi viaggi ha sempre usato la macchina fotografica come una sorta di taccuino visivo, in parallelo ai celebri quaderni di tela cerata che sempre lo accompagnavano e che hanno rappresentato il vero laboratorio della sua opera letteraria. Si sono così accumulate centinaia di fotografie che Roberto Calasso, cui si deve anche il saggio introduttivo al catalogo, ha scelto e organizzato in sezioni, creando un contrappunto fra di esse e l’opera letteraria, l’ultima a tutt’oggi in cui si sia incarnato il «mito del viaggio».

Sentieri Tortuosi. Bruce Chatwin Fotografo. La fotografia vista da Roberto Calasso

Di R. Calasso. Editore: Adelphi; 2^ edizione (20 maggio 1998)

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