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IL PREZZO DEL SUCCESSO

Non si può entrare nella vita degli altri quando non se ne conoscono i risvolti intimi, ma è logico pensare che l’esistenza di Whitney Houston sia stata occupata, nel bene e nel male, da un successo fragoroso, difficile da gestire. Gli affetti non l’hanno premiata come avrebbe meritato, compreso quelli che la legavano al marito, poi lasciato dopo episodi (si dice) di maltrattamento. La via d’uscita della droga forse rappresentava la scelta più semplice, almeno nel breve periodo; e Whitney ne ha abusato a lungo, danneggiando anche la voce, il dono che madre natura le aveva offerto sin da bambina. I commenti non servono, anche perché cadrebbero nei luoghi comuni più banali. Dispiace però pensare a una vita troncata nella tragedia, con un corpo ritrovato in solitudine nella camera di un albergo.

Whitney Elizabeth Houston è nata in una famiglia di musicisti il 9 agosto 1963 a Newark, nel New Jersey. Ha iniziato a cantare nel coro della sua chiesa The New Hope Baptist Church, sempre a Newark, sin da bambina. Ha anche lavorato brevemente come modella, apparendo sulla copertina della rivista "Seventeen" nel 1981. Nel 1983 firma il contratto con Arista, etichetta alla quale rimarrà legata per il resto della carriera.

Il suo album di debutto, "Whitney Houston", è stato pubblicato nel 1985 ed è diventato l'album più venduto di un artista al primo esordio discografico. L'LP successivo del 1987, "Whitney", che includeva i brani "Where Do Broken Hearts Go" e "I Wanna Dance With Somebody", raggiunse un grande successo, ma è stato il film del 1992 “Bodyguard” a sigillare il suo posto come una delle artiste più apprezzate di tutti i tempi. Sebbene il film stesso e la sua interpretazione non siano stati ben giudicati, l'album della colonna sonora e la cover della canzone di Dolly Parton "I Will Always Love You" sono rimasti in vetta alle classifiche dei singoli e degli album per mesi.

Sempre nel 1992 ha sposato l'ex cantante dei New Edition Bobby Brown, dal quale ha avuto la figlia Bobbi Kristina Brown, nel marzo 1993. Fu in questo periodo che iniziò l’uso di droghe, quasi quotidianamente. Ha iniziato a perdere peso e la voce le si indeboliva. Il suo album del 1998, "My Love Is Your Love", è stato ben recensito, ma l'abuso di droghe ha iniziato a influenzare la sua reputazione. È stata ricoverata due volte in riabilitazione e si è dichiarata libera dalla droga nel 2010, ma ha fatto ancora ricorso alle cure nel maggio 2011.

Il suo album di ritorno del 2009 "I Look To You" è stato accolto positivamente, ma le esibizioni promozionali erano ancora rovinate dalla sua voce indebolita. La sua ultima interpretazione recitativa è stata in Sparkle (2012), un remake di una pellicola del 1976, uscito dopo la sua morte.

È stata trovata morta in una stanza d'albergo di Beverly Hills l'11 febbraio 2012.

Il fotografo, Richard Avedon

Parlando di Richard Avedon ci riferiamo a uno dei fotografi più prolifici della seconda metà del XX secolo. Molti lo definiscono come il più importante fotografo di moda di tutti i tempi, ma noi gli abbiamo riconosciuto altri meriti, particolarmente nel ritratto. Al di là del genere comunque (fashion o portrait che sia), guardando a ritroso il lavoro del maestro, ne riconosciamo forza e coerenza, che andavano al di là delle singole interpretazioni. Di lui ci è sempre piaciuto il “potere”, quello buono; lo stesso che gli permetteva di lavorare sul soggetto con assiduità, senza limiti.

Richard Avedon è nato a New York City Il 15 Maggio 1923, figlio d’immigrati ebrei russi che possedevano un grande magazzino a Manhattan. In gioventù ha messo in mostra un’attitudine letteraria forte. Determinanti per lui sono stati gli studi con Alexey Brodovitch, presso il Laboratorio di Progettazione della New School for Social Research. La New York del tempo offriva tutto ciò che un giovane ambizioso potesse desiderare: teatro, cinema, musica, danza. A noi piace pensare che Richard abbia vissuto la fotografia con intensità e profonda dedizione, sin dagli esordi: assorbendo tutto quanto potesse dalle lezioni di chi l’ha preceduto. E’ per questo che lui ha esplorato la fotografia in molte delle sue possibilità, anche tecniche. Determinanti, a tale proposito, sono stati i continui passaggi da una medio formato al banco ottico.

Assiduità e dedizione vogliono anche dire consapevolezza, considerazione di sé; e lì forse nasce quel potere forte che gli riconosciamo, esercitato di continuo sui propri soggetti.

Molti sono stati gli elementi ispiratori per Avedon. Tra questi ricordiamo Martin Munkacsi, il pioniere della fotografia di moda in esterni. Il nostro però ha unito sapientemente l'esuberanza della fotografia outdoor con la tradizione statica dello studio, dimostrando così di aver assorbito le lezioni del mitico Edward Steichen.

Richard Avedon può contare una carriera lunga 60 anni, durante i quali ha ottenuto numerosi premi e per i quali è stato indicato da molti come il "re dei fotografi di moda". Avedon l’ha affrontata con uno stile senza precedenti. Per la prima volta l’approccio fotografico in una rivista di moda era fresco, anche divertente. Le immagini vivevano di una strana combinazione: erano costruite, ma allo stesso tempo mostravano un'aria di spontaneità mai vista prima.

I lettori delle riviste rimasero stupiti quando videro un modello sui pattini da Place de la Concorde, ma la rivoluzione totale venne compiuta quando Avedon ritrasse un’elegante Dorothy Horan (Dovima) con un abito Dior, assieme a degli elefanti. La dissonanza tra la pelle ruvida dei pachidermi e la squisita grazia del modello si rivelò una vera bomba. Come dissero in molti: “La fotografia di moda non sarebbe stata mai la stessa”.

Avedon aveva trasformato una disciplina statica e monotona in un genere vivo. Tutte le componenti del set (i capelli, il trucco, i vestiti, il corpo) diventavano uno spettacolo. Questo non deve sorprenderci: Avedon amava il teatro quasi quanto la fotografia (come Josef Koudelka). Tra l’altro Richard aveva prodotto molte delle copertine della rivista Theater Arts: la teatralità veniva trasferita al mondo della moda.

La moda di Avedon influenza anche il cinema. Nel 1957 esce nelle sale Funny Face (Cenerentola a Parigi), diretto da Stanley Donovan per la Paramount Pictures. Il lungometraggio era interpretato da Fred Astaire e Audrey Hepburn. Il personaggio di Astaire era liberamente ispirato alla figura del fotografo Richard Avedon, le cui foto appaiono nel film.

Come dicevamo, Avedon deve essere considerato anche (e soprattutto) come un grande ritrattista, probabilmente uno dei più grandi della storia della fotografia. Di fronte alla sua macchina fotografica di grande formato sono sfilate tutte le personalità famose del suo tempo. Essere fotografati da Avedon rappresentava una sorta di "certificato di celebrità".

I volti famosi rappresentano per il fotografo una lama a doppio taglio nei termini dell’immagine da produrre. Se ci si fida del personaggio preconfezionato, tutto può apparire facile; ma quando si cerca la profondità, probabilmente il soggetto erigerà una barriera. Avedon ha saputo attraversare le false ipocrisie, arrivando al nucleo della personalità.

Ingrid Bergman appare con un volto senza precedenti; ma il caso più evidente è il ritratto del 1957 che vede coinvolta Norma Jean Baker. Anche se il titolo dell’immagine recita "Marilyn Monroe, attrice" la donna che appare è stanca, spogliata dei successi di Hollywood, finalmente bambina.

Avedon era anche un provocatore e usava le sue qualità per ottenere dai soggetti il lato intimo della loro personalità. Un esempio? Il servizio che vide coinvolti i duchi di Windsor. Erano arrivati al Waldorf Astoria accompagnati dalla regalità maestosa della loro immagine. Dopo un'ora di lavoro, Richard non era riuscito a eliminare la loro impassibilità aristocratica. Il fotografo si è messo a recitare, arrivando a persino a mentire. “Il taxi che vi è venuto a prendere”, disse, “ha investito un cane, che è deceduto”. L’artista raggiunse il suo scopo, anche se per una via non ortodossa.

Avedon è ricordato anche per una serie di ritratti scattati a 752 persone tra il 1979 e il 1984. Si tratta della famosa serie del West americano. Richard aveva fotografato modelle, gli artisti più influenti, i politici più potenti; decide così di cambiare i suoi orizzonti, concentrandosi sulla gente comune. Per portare avanti il suo progetto, il nostro visitò diversi stati degli Stati Uniti occidentali, per incontrare i minatori, le persone senza fissa dimora, le casalinghe, i prigionieri, i predicatori itineranti. Avedon rimane fedele al suo stile di lavoro: uno sfondo bianco, la fotocamera di grande formato e la “ferocia” del suo sguardo. Richard non cerca la coerenza con i soggetti, ma li affronta con la stessa furia creativa utilizzata con George Bush Sr. e Henry Kissinger.

Ancora su Richard Avedon

Nel 1959 Avedon pubblicò un libro di fotografia intitolato “Observations”, con testo di Truman Capote. Nel 1963 scattò fotografie del movimento per i diritti civili che stava emergendo al sud. Ha poi collaborato con James Baldwin al libro “Nothing Personal”.

Durante i primi anni '60 e '70, Avedon ha anche fotografato i manifestanti contro la guerra in Vietnam. Ha anche documentato la notte in cui Berlino Ovest e Berlino Est sono diventate una cosa sola. Nel 1992 è diventato il primo fotografo personale del The New Yorker.

Nel 1944, Avedon ha sposato una modella che era conosciuta professionalmente come Doe Avedon. Dopo cinque anni di matrimonio, hanno divorziato. Nel 1951 si unì in matrimonio con Evelyn Franklin, che come il precedente finì col divorzio.

Nel settembre del 2004, Avedon ha sofferto di un'emorragia cerebrale mentre si trovava a San Antonio, in Texas. Stava lavorando per un incarico intitolato “On Democracy per The New Yorker”. Il progetto era concentrato sulle elezioni presidenziali americane del 2004 e presentava ritratti di delegati e candidati. E’ deceduto il 1° ottobre mentre si trovava ancora a San Antonio.

Le fotografie

Whitney Houston fotografata da Richard Avedon, 1987

Whitney Houston fotografata da Richard Avedon, 1985

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