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[19 AGOSTO, CHI SPEGNERA’ LE CANDELINE?]

Correva l’anno 1839. A quei tempi l’Europa era diversa, un continente che non aveva ancora conosciuto gli orrori di due guerre mondiali. Anche l’Italia appariva differente, divisa, con qualche vagito di modernità: la ferrovia Napoli-Portici sarebbe stata inaugurata in ottobre. Qui da noi nel 1918 arriverà la “spagnola”, un’epidemia virale che farà temere la fine del mondo. Il 1839 però è l’anno della fotografia. Il 7 Gennaio di quell’anno un politico (Arago) annunciava l’invenzione di L. Daguerre, che verrà poi presentata il 19 Agosto.

L’annuncio d’inizio anno scatenò molta confusione, soprattutto tra i tanti padri della fotografia. Henry Fox Talbot, secondo noi il vero inventore, scrisse in Francia per informare delle sue scoperte. Lui, che aveva sognato la fotografia durante i soggiorni sul Lago di Como, si vedeva defraudato delle proprie ricerche. Anche sua madre lo redarguiva per questo. Ebbene, per tornare alla storia, il 25 Gennaio 1839 Michael Faraday (quello della gabbia) mostrava ai membri della Royal Institution, di Londra, i disegni fotogenici di William Henry Fox Talbot. Sappiamo come andò a finire. A Daguerre arrivò il merito circa l’invenzione della fotografia, in Agosto; e alla Francia quello di aver segnato una data nella storia.

Stiamo dimenticando altri padri della fotografia: certamente Joseph Nicéphore Niépce, Hippolyte Bayard, John Frederick William Herschel e anche altri. Non ce ne vogliate

Cento anni dopo

Il 7 gennaio del 1939, Paul Valery pronuncia il discorso inaugurale alla Sorbona, in occasione del Centenaire della Photographie. Ecco cosa dice:

«Con l’invenzione della fotografia s’inaugura una nuova relazione tra parola e immagine, tra scrittura e immagine, tra storia e immagine: il tempo si ritrae, si fissa una volta per tutte nell’unità dello sguardo, nell’unità della visione che si infrange nello stesso modo in cui la lettura ne va delle combinazioni dei caratteri alfabetici della scrittura. La fotografia inventa nuovi segni, nuovi alfabeti di lettere, costantemente modificabili, lascia scrutare senza parole il silenzio del tempo custodito dall’immagine».

«La fotografia abituò gli occhi ad aspettare ciò che questi devono vedere, e dunque a vederlo»

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Al giorno d’oggi

Paul Valery ha spento le candeline di un compleanno importante. Oggi chi può farlo? Chi dovrebbe farlo? I tempi sono cambiati. Il linguaggio esaltato da Paul Valery è diventato lingua, metodo per comunicare. E poi, non si aspetta il momento (per vederlo): ne approfittiamo. Ogni giorno si scattano milioni di fotografie, che enfatizzano la circostanza e l’identità individuale. Social e telefonini hanno generato una nuova era, dove forse viene meno il racconto. E’ ancora fotografia? Certamente, senza ombra di dubbio. Diciamo che siamo solo agli inizi, in attesa di regole rinnovate. Dispiace solo pensare che con le nuove tecnologie si potrebbe fare molto di più, ma non importa: il meglio deve ancora venire.

Soffiamole tutti, quelle candeline. La fotografia non ha cambiato il mondo, ma ci ha insegnato a leggerlo, influenzando le scelte. Ancora oggi ammiriamo i capolavori dei grandi, nei vari generi; il che spesso rappresenta un modo per imparare ulteriormente e ripartire.

Teniamola da conto, la fotografia. E’ una pratica relazionale che ci avvicina all’uomo e alla nostra prossimità: una possibilità gigantesca che è bene sfruttare al meglio.

19 Agosto 1939, Henry Fox Talbot, Michael Faraday, John Frederick William Herschel, Paul Valery

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