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[NASCE IL CAMPIONISSIMO]

Il 15 settembre 1919, nasce a Castellania, in provincia di Alessandria, Fausto Coppi, il campionissimo. Una carriera ciclistica invidiabile, interrotta dalla guerra. Nel 1940, esordiente, vince, fra la sorpresa generale, il Giro d’Italia; il 7 novembre 1942 stabilisce il record mondiale dell’ora (45,798 km che resisterà fino al 1956); nel 1949 vince tutto (la Milano-San Remo, il giro di Romagna, del Veneto e di Lombardia, il campionato italiano su strada e quello mondiale d’inseguimento); ma soprattutto compie una delle più clamorose imprese di tutti i tempi, l’accoppiata Tour de France e Giro d’Italia. Nel 1953, vince il campionato mondiale su strada. E’ rimasta celebre la frase del radiocronista Mario Ferretti: “Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”. Il Campionissimo muore il 3 gennaio 1960. A ucciderlo a quarant’anni è il virus della malaria. Il Giro del 1947, le grandi stagioni del 1949 e del 1952, il Mondiale del 1953, l’hanno reso un mito.

Una fotografia da leggenda, la bottiglia misteriosa

Non si può parlare di Fausto Coppi senza fare riferimento anche a Gino Bartali. Insieme hanno spaccato l’Italia in due, scrivendo, con le loro battaglie, alcune delle più famose pagine della storia dello sport. La fotografia spesso li ha ritratti mentre stavano scrivendo le leggende del ciclismo. L’immagine che li ritrae entrambi mentre si stanno passando una bottiglie è diventata un’icona e ancora la si può trovare appesa sui muri dei bar di periferia.

Tutto si tiene il 4 luglio 1952 al Tour de France, la più importante corsa ciclistica a tappe del mondo. Nella tappa Losanna-Alpe d'Huez i primi in classifica stanno scalando il passo del Galibier. Due corridori si scambiano una bottiglia: un gesto molto comune tra i ciclisti. I due però, sono Fausto Coppi e Gino Bartali: il primo in maglia gialla in quanto leader della classifica, il secondo pronto a rimettersi in gioco. Sono i più forti corridori di quel momento: la loro rivalità è già storica e divide l'Italia in due fazioni distinte. L'antagonismo toccò anche aspetti sociali: si contrapponevano infatti due modi di essere. Coppi era di sinistra, Bartali democristiano e cattolico; Coppi teneva una relazione extraconiugale, Bartali rappresentava la famiglia.

Il fotografo Carlo Martini (di Omega Fotocronache) è lì, al posto giusto nel momento giusto. Circa l'episodio, disse: “Sentivo che stava per accadere qualcosa”.

Il grande fotografo Vito Liverani, amico fervido di Carlo Martini, asserisce che quell'immagine fu praticamente una "bufala". Sarebbe stato lo stesso Martini a procurare la bottiglia e a fornirla ai due campioni. Il Tour era virtualmente finito e Carlo, un free lance come si direbbe oggi, doveva trovare delle immagini interessanti da proporre a Sport Illustrato (il settimanale della Gazzetta).

W Fausto, anche in fotografia

Siamo al Giro d'Italia del 1953. La corsa a tappe si chiuse il giorno 2 giugno e fu vinto da Fausto Coppi, per la quinta e ultima volta. Il “Campionissimo” tolse la maglia rosa a Koblet nella penultima tappa, quella dello Stelvio: allora inserito per la prima volta nella “corsa rosa”. Fausto Coppi sale in solitudine verso la vetta dello Stelvio e passa davanti ad un "W Fausto" scritto nella neve. Si tratta di una delle fotografie più celebri dell’intera storia del ciclismo. L’autore di quello scatto fu Tino Petrelli, fotografo di Publifoto, la mitica agenzia fotografica. Tino, il cui nome di battesimo era Valentino, nacque nel 1922 a Fontanafredda nei pressi di Pordenone. A dodici anni si trasferì a Milano e a quindici entrò in Publifoto come garzone di bottega. Ebbene, la foto con “W Fausto” fu pubblicata su tre colonne in prima pagina dal Corriere della Sera.

Ecco la storia di un'immagine “provocata”. Coppi aveva già staccato tutti. Lui era ancora una volta "un uomo solo al comando". Tino, su un Airone Guzzi, riuscì a superare tutti: aveva "fiutato" il momento magico, capendo che Coppi non sarebbe stato più ripreso e che avrebbe vinto il Giro. A un paio di tornanti dalla cima dello Stelvio, fu folgorato dall’idea. Prese da terra un pezzo secco di ramo d’abete e tracciò nella neve un "W Fausto". Ebbe solo il tempo di impugnare la fotocamera che Coppi era già a poche decine di metri. Il momento era unico e assolutamente irripetibile. Tino sapeva che poteva sparare un solo colpo e non doveva sbagliare. Al momento giusto urlò: "Fausto, guarda!". L'atleta, pur sotto sforzo, piegò leggermente la testa verso destra e la foto era fatta. Altri tempi.

Successivamente abbiamo saputo che la scritta non sarebbe stata opera del fotografo, ma di un certo Agostino di Scandiano. Non importa, la leggenda fu raccontata; e ancora oggi racchiude la sua emozione.

L’Italia di Coppi e Bartali, la “Dama Bianca”

Parlare di Coppi e Bartali significa riferirsi a un’Italia che ripartiva dopo il secondo conflitto mondiale. I due rappresentarono a lungo un dualismo politico e culturale, in una nazione che cambiava ogni giorno. Il cattolico Gino si contrapponeva al rinnovato Fausto, colui che aveva spezzato una famiglia per un’altra donna, la famosa Dama Bianca.

L’Italia stava cambiando, dicevamo: ma ancora discuteva su se stessa. Lo scandalo della relazione tra Fausto Coppi e Giulia Occhini, detta la “Dama Bianca”, animava le cronache e il vociferare in famiglia e nei bar. Lei era moglie di un medico, che la denunciò per adulterio (scontò un mese di carcere per questo); anche il Pontefice si espresse negativamente nei confronti della coppia, che celebrò il proprio matrimonio in Messico, peraltro mai riconosciuto in Italia. Dalla relazione nacque un figlio, a Buenos Aires però: perché il nascituro (Faustino) potesse conservare il cognome Coppi.

Una curiosità, il soprannome “Dama Bianca” venne coniato dopo la tappa di St. Moritz del Giro d'Italia del 1954, quando Pierre Chany, giornalista de L'Équipe, scrisse: «Vorremmo sapere di più circa quella signora in bianco che abbiamo visto vicino a Coppi». La descrisse proprio così, la dame en blanc, per via del montgomery color neve che indossava.

Tra memoria e cuore

Quando si parla di Bartali e Coppi la memoria di chi scrive va ai padri e ai nonni. Sono loro che hanno tramandato le leggende dei due ciclisti, in un’Italia realmente bipartitica (sportivamente, è ovvio). Sulla facciata di una casa vicina a quella dei nonni c’è ancora una scritta che riporta: “Viva Bartali, abbasso Coppi”; e sempre chi sta parlando si prodiga perché non venga mai cancellata. E’ una questione di rispetto: nei confronti dei due campioni, ma anche verso coloro che a entrambi hanno dedicato il cuore.

Le fotografie.

La bottiglia misteriosa. 4 luglio 1952, Tour de France, tappa Losanna-Alpe d'Huez. Ph. Carlo Martini.

W Fausto sulla neve. Giro d’Italia 1953, Passo dello Stelvio. Ph. Tino Petrelli.

15 settembre 1919, Fausto Coppi, Carlo Martini, Tino Petrelli

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