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LE TASCHE PIENE DI SASSI

Su YouTube c’è il video del brano “Le tasche piene di sassi”, quello del titolo. Il clip è ispirato al film “Lenny”, di Bob Fosse; e Jovanotti l'ha descritto dicendo: «Lo spettatore che vedrà il video non sentirà quello che io dico e non mi vedrà nemmeno cantare, ma vedrà un uomo da solo, al buio, illuminato solo da un occhio di bue che racconta una storia a un pubblico in penombra, che racconta una storia che è la vita, racconta forse la sua vita, forse racconta la vita di quelli tra il pubblico».

Noi siamo affezionati a quella canzone, peraltro dedicata alla madre deceduta da poco; ma la consideriamo anche una prova di maturità del dj romano, un punto d’arrivo mai immaginato ai tempi di “Positivo” o “Sono un ragazzo fortunato”. E invece eccolo lì, Jovanotti, sul palco esistenziale della vita, come i grandi interpreti dello spettacolo. Ci accorgiamo, tra l’altro, che ha scritto libri, dedicandosi anche alla pittura e ai viaggi conoscitivi. Non vogliamo banalizzare, ma proprio lui, a dispetto di un’aria scanzonata sempre presente nel suo manifestarsi, ha scritto e messo in musica le più belle frasi d’amore che si possano ricordare. Sono quelle che ci fanno rivivere la felicità che corre su un filo: separazione sottile tra l’amare da morire e il morire d’amore. Già, perché la vita è tutta lì, in quel brivido che corre tra i contrasti dell’anima, con poche parole per goderne il gusto. «Vienimi a prendere, mi vien da piangere. Mi riconosci ho le scarpe piene di passi, la faccia piena di schiaffi, il cuore pieno di battiti e gli occhi pieni di te».

Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, nasce il 27 settembre del 1966 a Roma. La passione per la musica inizia sin da giovanissimo. Si cimenta così come dj in varie radio e nelle discoteche di Roma. Lo scopre Claudio Cecchetto, già mentore di altre rivelazioni pop, che lo fa debuttare nella sua Radio Deejay.

I suo primi successi arrivano a 19 anni, di stile tipicamente dance, ma già il secondo album (“La mia moto”) vende 600.000 copie e lo porterà al Festival di San Remo edizione ‘89 con la canzone "Vasco", nella quale fa il verso a Vasco Rossi, uno dei suoi idoli. Col tempo, però, sarebbe arrivata un’evoluzione artistica consistente e inaspettata dai più: già iniziata con "Giovani Jovanotti", che comprende brani più riflessivi, e proseguita con il terzo album, "Una tribù che balla" (1991). Nel ’92, Jovanotti realizza il singolo "Cuore", per ricordare il giudice Giovanni Falcone morto nella strage di Capaci. Nello stesso anno è in tournè con Luca Carboni e canta "Sono un ragazzo fortunato" e "Non m'annoio", brani che ne hanno segnato la carriera, contenuti nel disco "Lorenzo 1992".

Con il passare degli anni, cambiano i testi e gli ideali: "Lorenzo 1994" non è solo un album ma un modo di vedere la vita, siglato dal celebre "Penso positivo”. Nel 1995 esce la prima raccolta "Lorenzo 1990-1995" con due brani inediti "L'ombelico del mondo" e "Marco Polo". Il 1997 è l'anno de "L'albero", album che approda alle tendenze multietniche della musica internazionale. Nel 1999 quando Francesca, la sua compagna, dà alla luce Teresa. Jovanotti, comprensibilmente entusiasta, compone "Per te", una ninna nanna dedicata proprio alla primogenita.

Dopo alcune collaborazioni nel 2007 tra cui Negramaro e Adriano Celentano, all'inizio del 2008 esce il nuovo disco "Safari", con dentro la bellissima "A te". Nel 2009 pubblica il doppio disco "OYEAH", solo per il mercato americano. Torna in studio per far uscire un nuovo album d’inediti nel 2011: il titolo è "Ora" e contiene la splendida “Le tasche piene di sassi”.

Per celebrare i 25 anni di attività alla fine di novembre del 2012 esce la raccolta "Backup - Lorenzo 1987-2012". Alla fine di febbraio del 2015 pubblica il disco "Lorenzo 2015 CC.": è il suo 13° album in studio e contiene 30 nuove canzoni.

Il fotografo Daniele Venturelli, per molti, per tutti

Incontriamo Daniele Venturelli al telefono, come molti anni prima. I tempi sono cambiati, ma lo scatto degli eventi aveva già preso una direzione precisa: in quantità e qualità. Ritroviamo un Daniele maturo, deciso, preparato e cosciente della sua missione. Deve documentare tutto e meglio, velocemente, senza indugi o preferenze. La sua attività si compone di tanti istanti decisivi, che non possono (né devono) essere vissuti emotivamente. E’ vera fotografia? Crediamo di sì, forse anche di più: perché c’è chi scatta e colui che guarda, diventato peraltro maggiormente esigente. Troppe sono, oggi, le fonti d’informazione e la fotografia ha dovuto adeguarsi, prontamente. Diciamo che è cambiato il mondo, la vita, il senso di appartenenza. Decine di occhi ci guardano e fili sottilissimi si scambiano i numeri del nostro esistere. Meglio avere un avamposto, un delegato che sappia osservare per noi, al posto e nel momento giusto. Daniele è un po’ questo: scatta per tutti coloro che guarderanno, al di là dei gusti, con l’intento di non tralasciare nulla.

Viaggia molto, Daniele: nelle capitali delle celebrità. Lo muove un’energia atavica, dirompente, fortemente motivata. Si fermerà un giorno? Forse, chissà. Probabilmente, quel giorno, ripenserà a quel bambino che diceva alla madre: “Voglio fare il fotografo”. Ricorderà gli scatti, i momenti, gli eventi e le curiosità, convinto di avercela fatta: per molti, per tutti.

Daniele Venturelli, note biografiche

Daniele Venturelli, fotografo autodidatta, nasce nel 1967 a Reggio Emilia, e mostra, fin da bambino, interesse e acuta curiosità verso “l’oggetto fotocamera” e lo sviluppo in camera oscura che ha modo di sperimentare, fin dai sette anni di età, presso la camera oscura “pubblica” del centro culturale della sua città.

Ha iniziato a fotografare da autodidatta scoprendo subito la sua passione per il ritratto in bianco e nero e poi verso la fotografia sportiva. Si è sempre aggiornato nella tecnica e nella conoscenza delle attrezzature, ottiche e fotocamere. Nel suo percorso di ricerca ha sperimentato prima la pellicola in bianco e nero per arrivare tra i primi in Italia al digitale.

Dopo una prima fase professionale che lo vedeva impegnato nell’immortalare le sfide sportive nazionali ed internazionali della Formula uno, dello sci, calcio, ciclismo ed equitazione, si è poi specializzato nella ritrattistica e nella fotografia editoriale dei grandi eventi culturali internazionali. Ha lavorato a stretto contatto con gradi personalità di fame internazionale, uno fra tutti, il Maestro Luciano Pavarotti, che ha seguito in concerti, tour e percorsi privati e professionali. Venturelli lavora curando direttamente ogni dettaglio: relazione con la committenza, composizione, luce, e mantiene personale contatto con le personalità da ritrarre, elementi peculiari che lo rendono unico non solo nello stile ma soprattutto nel processo creativo e nella dinamica di relazione e creazione. Ogni scatto è una vera e propria sfida creativa, contro il tempo di messa in rete degli scatti e della successiva pubblicazione.

La fotografia è diventata parte integrante della sua vita che lo porta a viaggi e trasferte lavorative continue in ogni parte del mondo, ma alle sfide professionali alterna anche passioni personali sportive che lo appassionano, prima il nuoto ed ora il ciclismo. Numerose sono le pubblicazioni sulle pagine e sulle cover di prestigiosi Magazine nazionali ed internazionali. Sempre presente nei più importanti e prestigiosi eventi nazionali ed internazionali della moda, dello spettacolo, della cultura, dell’arte e dello sport.

Dal 2002 collabora con la prestigiosa agenzia fotografica Getty Image, portando attraverso la loro distribuzione capillare e internazionale, i suoi scatti a pubblicazioni in tutto il mondo. Grazie al suo curriculum e alla qualità del suo lavoro i suoi scatti sono molto ricercati e apprezzati.

Giovanni Gastel, lo stile che si completa. Un incontro

Lo studio è meraviglioso, avvolgente. Veniamo accolti da una gentilezza antica, confortevole, rara a trovarsi. Di mezzo c’è la fotografia, ma non solo; perché con Giovanni Gastel puoi parlare di qualsiasi cosa, liberando entusiasmi e opinioni. Ti accorgi anche che è una persona divertente, a dispetto di quell’aristocrazia pur palese, ma facente parte di un tutt’uno allargato a dismisura. Ecco sì, dialogando con Gastel si ha l’impressione che lui sia arrivato a compimento di molte cose; e te ne accorgi nei modi, nei gesti, negli istinti, nei percorsi, nelle opere. In lui non ci sono strade, né filoni da ricercare; solo una grande mole “artistica” da capire, ingigantita col tempo. Ci parla a lungo del suo rapporto con la poesia, iniziato sin da ragazzo. “Fotografia e poesia rappresentano due anime che convivono in me”, afferma. “La poesia la definirei come il primo amore, alla fotografia sono arrivato più tardi”. Gli chiediamo di possibili analogie tra versi e immagine e lui sulle prime nega un eventuale rapporto, salvo poi ritrovarlo nella sintesi, nella necessità di dover racchiudere parole o idee in uno spazio ridotto e razionale.

Il dialogo prosegue, affascinante, suadente. Dalle sue parole ne esce una storia di vita intensa, per certi versi anche faticosa: costruita su un’educazione senza privilegi, dove non ci sono stati né diritti automatici, né vantaggi. I favori andavano conquistati col lavoro, con le opere, anche tra le piccole cose di tutti i giorni: in una visione aristocratica, da un lato; borghese (e illuminata) dall’altro.

Ma Giovanni Gastel si distingue: completando, come sua abitudine. Alla formazione familiare (centrali, a proposito, le figure femminili della nonna e della madre), al metodo di lavoro dello Zio Luchino Visconti (duro e attento al dettaglio), aggiunge la Pop Art e i dettami della pittura; ma anche una ricerca assidua e incessante. Lì sono stati perseguiti i valori dell’estetica, nati per fuggire alle regole di un mondo esterno non condiviso, alla sua violenza incipiente e ingrata: pur in una visione completa e personale della realtà. “La prova di un creativo, di un artista”, ci dice, “E’ quella di fornire una visione personale dell’universo, con tolleranza, senza andare oltre”. “Il suo”, prosegue, “deve essere un punto di vista personale, che cala su tutta la realtà”.

Giovanni Gastel, note biografiche

Giovanni Gastel nasce a Milano il 27 dicembre 1955 da Giuseppe Gastel e Ida Visconti di Modrone, ultimo di sette figli. La sua carriera di fotografo inizia in un seminterrato a Milano verso la fine degli anni ’70, dove Gastel, giovanissimo, trascorre i suoi lunghi anni di apprendistato scattando foto ed imparando le tecniche base di un mestiere che l’avrebbe poi portato al successo. Tra il ’75-‘76 lavora per la prestigiosa casa d’aste londinese Christie’s, mettendo in pratica ciò che aveva appreso.

La svolta della sua carriera arriva nel 1981 quando incontra Carla Ghiglieri, che diventa il suo agente e lo avvicina al mondo della moda: dopo la pubblicazione della sua prima natura morta sulla rivista italiana “Annabella”, nel 1982, inizia a collaborare con Vogue Italia e, poi, grazie all’incontro con Flavio Lucchini -Direttore di Edimoda- e Gisella Borioli, con Mondo Uomo e Donna.

Tra gli anni ’80 e i ’90, la carriera di Gastel nel mondo della moda esplode parallelamente al boom del “Made in Italy”. In quegli anni, Gastel sviluppa campagne pubblicitarie per le più prestigiose case di moda italiane tra cui Versace, Missoni, Tod’s, Trussardi, Krizia, Ferragamo e molte altre. Il successo nel suo paese lo porta anche a Parigi -dove negli anni ’90 lavora per marchi come Dior, Nina Ricci, Guerlain- nonché nel Regno Unito e in Spagna.

Sebbene la sua carriera inizi nel mondo della moda, Gastel (fotografo e, al contempo, anche poeta) capisce rapidamente che il suo impulso d’espressione necessita anche di progetti con fini prettamente artistici. La consacrazione artistica non tarda ad arrivare e, nel 1997, la Triennale di Milano gli dedica una personale curata dal grande critico d’arte, Germano Celant. La mostra lancia Gastel ai vertici dell’élite fotografica mondiale e il suo successo professionale si consolida così tanto che il suo nome che compare su riviste specializzate accanto a quello di mostri sacri della fotografia Italiana come Oliviero Toscani, Giampaolo Barbieri, Ferdinando Scianna e di leggende internazionali come Helmut Newton, Richard Avedon, Annie Leibovitz, Mario Testino e Jürgen Teller.

Il successo professionale apre le porte ad un altro lato del repertorio fotografico di Gastel che fino alla fine degli anni 2000 era rimasto inesplorato: il Ritratto. Negli ultimi anni, Gastel si scopre appassionato di questo ramo della fotografia e, come sempre ha fatto nella sua carriera, vi s’immerge totalmente. Il suo lavoro culmina in una mostra al Museo Maxxi di Roma nell’anno 2020 con una selezione di 200 ritratti che ritraggono volti di persone del mondo della cultura, del design, dell’arte, della moda, della musica, dello spettacolo e della politica che lo stesso Gastel ha incontrato durante i suoi 40 anni di carriera. Alcuni dei ritratti degni di nota includono Barack Obama, Ettore Sottsass, Roberto Bolle e Marco Pannella.

Le fotografie

Jovanotti e Gianni Morandi al 72° festival di San Remo. Teatro Ariston 4 febbraio 2022. Photo Daniele Venturelli Getty Images.

Jovanotti fotografato da Giovanni Gastel per Rolling Stone. Da “Le 100 facce della musica italiana”.

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