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IL REGISTA DI BLOW UP

Insieme a Fellini, Bergman e Kurosawa, Michelangelo Antonioni è accreditato per aver definito il film d'arte. Eppure il cinema di Antonioni è oggi riconosciuto anche per essere fuggito di fronte a ogni facile categorizzazione. Tra i contributi più importanti delle sue creazioni in pellicola vi è la descrizione della noia post-boom, evidente nelle trasformate abitudini di vita e di svago delle classi medie e alte italiane. Rilevando i profondi cambiamenti tecnologici, politici e psicologici nell'Italia del secondo dopoguerra, Antonioni ha deciso di esplorare le ambiguità di una nazione improvvisamente alienata e dislocata.

Antonioni manipola abilmente i bordi della struttura cinematografica. Lo spazio negativo è prominente come il positivo, il silenzio è forte come il rumore, l'assenza è palpabile come la presenza e la passività diventa il motore di una forza come azione diretta. Lasciando domande senza risposta e i punti della trama irresoluti, rinunciando a esposizione, suspense, sentimentalismo e altre aree di sicurezza cinematografiche, Antonioni rilascia lo spettatore in una nebbia meravigliosa e densamente stratificata per contemplare i dilemmi imprecisi e le infinite possibilità dei suoi personaggi. Le sue grandi e ingombranti domande si riversano nel mondo fuori dal cinema e al di là del tempo.

Nato il 29 settembre 1912 in una famiglia della classe media nella città di Ferrara, Antonioni ha studiato economia all'Università di Bologna, dove ha anche co-fondato la compagnia teatrale dell'Università. Mentre si dedicava alla pittura, scrivendo recensioni cinematografiche, lavorando a vario titolo in produzioni cinematografiche, Antonioni ha impiegato tempo prima di esprimere la sua visione circa la regia nel suo primo cortometraggio realizzato, “Gente del Po”, il ritratto commovente di un pescatore nella nebbiosa Pianura Padana dove è cresciuto. A disagio nel marasma neorealista del cinema italiano, Antonioni ha diretto una serie di cortometraggi documentari eccentrici, che rivelano il suo desiderio di indagare i misteri interiori della psiche. Nel suo primo lungometraggio, “Storia di una storia d'amore”, Antonioni ha immediatamente sfidato la trama tradizionale e le aspettative del pubblico, anticipando la dinamica espressionista che sarebbe esplosa all'interno dell'innovativo “L'Avventura”.

Nel 1960, davanti a un pubblico infuriato a Cannes, L'avventura ha ricevuto un premio speciale della giuria "per il suo straordinario contributo alla ricerca di un nuovo linguaggio cinematografico". Presentava anche l'ambivalenza controllata di Monica Vitti, che sarebbe diventata la sua compagna, musa ispiratrice e costante psicologica durante la sua famosa trilogia de “L'avventura”, “La notte” e “L'eclisse” oltre allo squisito “Deserto rosso”, una pellicola che segnò un altro cambiamento significativo verso il colore espressivo. Dopo il fenomenale successo commerciale di Blow-up, prodotto dalla MGM, Antonioni ha subito disastro al botteghino di Zabriskie Point ed è tornato al documentario. Pochi anni dopo, Antonioni è tornato alla forma immaginaria nel suo ultimo capolavoro, “Il passeggero”, una favola enigmatica che ben si accompagna a L'Avventura. Antonioni ha poi chiuso la sua carriera con dei cortometraggi, molti dei quali sono stati realizzati dopo aver subito un ictus nel 1985.

Tremendamente influente, Antonioni ha portato alla ribalta il cinema astratto e difficile, con molte delle sue scene iconiche eternamente conservate nella profondità del cinema di ogni tempo. Mentre oggi osserviamo la dissoluzione della famiglia e della tradizione, i dilemmi ecologici e tecnologici e le eterne domande del nostro divenire, la preveggenza di Antonioni continua a risuonare con modernità mentre cerchiamo di trovare la giusta via nella nebbia del cambiamento.

Michelangelo Antonioni nel 1995 riceve il Premio Oscar alla carriera. Muore il 30 luglio 2007 a Roma

Blow Up e la fotografia. Fonte Edizioni Contrasto.

Per comprendere il rapporto tra il capolavoro di Antonioni e la fotografia ci viene in aiuto il libro “Io sono il fotografo, Blow Up e la fotografia”, di M. Antonioni E J. Cortázar (Edizoni Contrasto). Accanto ai testi, nel volume sono pubblicate le fotografie originali che il protagonista del film appende alle pareti. Le immagini furono realizzate da Don McCullin. Quando le riprese del film terminarono, se ne persero le tracce per quasi trent’anni, finché nel 1996 vennero acquistate da un collezionista, Philippe Garner, durante un’asta a Londra. Erano 21. In Io sono il fotografo ci sono anche le foto di scena, tra cui quelle di Eve Arnold, e alcune immagini di backstage.

Blow-Up, campione d’incassi e vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes nel 1966, è uno dei capolavori indiscussi della cinematografia e di Antonioni. Girato a Londra, racconta la storia di un fotografo di moda che per caso documenta attraverso le sue immagini un omicidio in un parco, di cui si accorge solo all’atto dello sviluppo dei negativi. Il film è diventato un classico che non solo ha fatto la storia del cinema, ma fin da subito ha rappresentato una pietra miliare anche nella storia dell’arte e della fotografia. Il fascino inalterato che Blow-up continua a esercitare ancora oggi ha, infatti, a che fare con la complessità delle tematiche che affronta: le riflessioni teoriche sul rapporto tra cinema e fotografia e tra fotografia e realtà – quindi tra occhio umano e obiettivo fotografico -, il contesto storico-fotografico in cui il film è realizzato, lo spaccato della società contemporanea e la Swinging London.

Il libro pubblicato da Contrasto riflette sulle relazioni tra i diversi mezzi espressivi visivi ripercorrendo tutte le tappe che hanno portato alla concezione e realizzazione del film. Per delineare in modo più autentico la figura del protagonista, fotografo di moda che sta virando i suoi interessi verso la fotografia sociale, e i suoi ambienti lavorativi, Antonioni prese spunto da alcuni fotografi britannici di allora e si servì persino dei loro lavori all’interno del film come nel caso di John Cowan, a cui il protagonista si ispira. Così, pagina dopo pagina, tra i materiali preparatori del film troviamo anche un questionario per i fotografi di moda della swinging London, una relazione del giornalista Anthony Haden-Guest sul mondo dei fotografi e sulle loro abitudini e, infine, un reportage di Francis Wyndham sui fotografi Brian Duffy, Terence Donovan e David Bailey […].

Il fotografo Vittorugo Contino, fonte: Cesena Cinema

Vittorugo Contino nasce a Palermo nel 1925. La ma¬dre, Carolina Alajmo, proviene da una famiglia di com¬mercianti, mentre il padre appartiene ad una famiglia di gioiellieri argentieri, dal 1600. Dopo gli studi di ingegneria a Palermo, nel 1950-52 è allievo della sezione ottica-operatori di ripresa al Centro Sperimen¬tale di Cinematografia di Roma. In contemporanea inizia a lavorare in produzioni a Cinecittà.

Nel 1953-54 effettua riprese, in qualità di capo opera¬tore, in una serie di documentari per produzioni italiane e straniere. Lavora nel "camera department" di Elena di Troia di Wise e di Ben Hur di Wyler. Nel 1959 è chiamato da Moris Ergas della Zebra Film come fotografo di scena per Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini. Nel settembre dello stesso anno è in Tunisia e Algeria per un reportage cine¬matografico della guerra del fronte di liberazione algerino. Tra il 1960 e il 1965 è fotografo di scena per importanti film (tra gli altri Era notte a Roma di Rossellini, Kapò di Pontecorvo, L'eclisse di Antonioni, Le mani sulla città e Il momento della verità di Rosi) e ne segue altri attraverso special (Leoni al sole di Caprioli, Anni ruggenti di Zampa, Chi lavora è perduto di Brass).

Dal novembre 1965 al gennaio 1966 è direttore della fotografia di Vietnam, guerra senza fronte, una produzione De Laurentiis diretta da Alessandro Perrone. Nel 1967 iniziano le riprese, cinematografiche e fotografiche, con il poeta Ezra Pound e viene messo in cantiere il primo libro Spots e Dots. Ezra Pound in Italy (a cui farà seguito Pound. Flash back). Il lavoro con Pound si protrarrà fino alla morte del poeta avvenuta nel 1972. In quell'anno è docente di ottica prima, e tecnica di fotografia poi, presso l'Accademia di Belle Arti di Roma, dopo un'attività di "Visitor Professor" nei college e nelle università america¬ne della costa del Pacifico.

Nei primi anni '70 comincia a realizzare le copertine del settimanale «L'Espres-so»; un lavoro che prosegue per oltre un decennio. Nel dicembre 2004 è stato insignito, dalla Repubblica Algerina, della Medaglia d'oro dei Mujaheddin. Ha pubblicato nella collana "CliCiak" "Il tempo di ieri, vita e pensieri di un fotografo".

Le fotografie

Monica Vitti e Michelangelo Antonioni durante le riprese del film “L’eclisse” 1962. Ph. Vittorugo Contino.

La scena madre del film Blow Up. David Hemmings e Veruschka.

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