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[RICORDANDO “L’ULTIMO CIGNO”]

Il termine non è nostro, ma di Truman Capote; e si riferisce a Marella Agnelli, un simbolo di stile ed eleganza. Discreta e riservata, non ha mai avuto bisogno di ostentare nulla, anche perché il suo portamento austero e deciso prendeva le distanze dal mondo che la circondava. Lei ci ha lasciato il 23 febbraio 2019.

Nella celebre fotografia di Richard Avedon, che riportiamo, Marella Agnelli appare con un elegantissimo collo lungo. Pochi sanno, però, che prima di essere diventata fonte d’ispirazione per molti autori dello scatto, lei stessa era stata una fotografa, nonché assistente del grande Erwin Blumenfeld. La sua è la storia di una donna che ha occupato quasi tutto il secolo scorso, facendo dello stile e dell'arte un proprio carattere di distinzione.

Marella, la futura moglie di Gianni Agnelli, nasce a Firenze il 4 maggio del 1927. Suo padre è Filippo Caracciolo di Castagneto, nobile napoletano; la madre, Margaret Clarke, proviene dall’Illinois. Marella entra in società sin dall’infanzia, per via del genitore diplomatico; e da subito la sua bellezza aristocratica brilla nei salotti d’Europa e nei palazzi della nobiltà romana.

Vanity Fair l’ha inserita nella Hall of Fame dell’International Best Dressed List. Tra l’altro il suo apparire si discosta dai canoni estetici predominanti negli anni ’50. Ecco perché fotografi del calibro di Richard Avedon, Horst P. Horst, Philippe Halsman, Riccardo Moncalvo e Henry Clarke (ma anche altri) la cercano con insistenza.

pTerminati gli studi superiori in Svizzera, Marella studia arte a Parigi. Inizierà poi a lavorare a New York, come fotografa; e diventa assistente del celebre fotografo di moda Erwin Blumenfeld. Rientrata in Italia, la troviamo come fotografa e redattrice presso la Condé Nast, la celebre casa editrice di Vogue.

Nel 1953 sposa Gianni Agnelli. Amica di John e Jacqueline Kennedy, spesso fotografata con loro a Capri e Positano, a differenza del marito Gianni non fu mai presa d’assalto dai paparazzi, forse per via del suo atteggiamento aristocratico.

Nel 1973 Marella Agnelli intraprende la carriera di designer, tra alta moda e stoffe d’arredamento, attività quest’ultima che porterà avanti a lungo. Tra le sue passioni troviamo anche il giardinaggio. Marella ha curato personalmente i giardini nelle sue dimore: da Villa Frescot sulla collina di Torino, a Villar Perosa nei pressi di Torino; fino alla sua abitazione a Marrakech in Marocco, dove si è trasferita nel 2005.

Marella Agnelli ha scritto numerosi libri di giardinaggio e fotografia. Membro dell’International Council del MOMA di New York, del Tate International Council di Londra, del Board degli Amici dei Giardini Botanici Hanbury, nonché presidente dell’Associazione Amici Torinesi Arte Contemporanea, la principessa è stata anche una grande collezionista d’arte. Possedeva opere di Canaletto, Bellotto, Canova, Manet, Renoir, Picasso, Matisse, Severini e Modigliani.

[Le fotografie]

Marella Agnelli ritratta da Richard Avedon, 1953

Marella Agnelli ritratta da Erwin Blumenfeld, 1950.

[Il fotografo, Richard Avedon]

Richard Avedon (1923-2004) è nato e ha vissuto a New York City. Il suo interesse per la fotografia è iniziato in tenera età e si è unito al club fotografico della Young Men's Hebrew Association (YMHA) quando aveva dodici anni. Ha frequentato la DeWitt Clinton High School nel Bronx, dove ha co-curato la rivista letteraria della scuola, The Magpie, con James Baldwin. È stato nominato Poeta Laureato delle scuole superiori di New York nel 1941.

Avedon si è unito alle forze armate nel 1942 durante la seconda guerra mondiale, come fotografo nella marina mercantile degli Stati Uniti. Come ha descritto, “Il mio lavoro era scattare fotografie d’identità”. “Credo di aver fotografato centomila volti prima che mi venisse in mente che stavo diventando un fotografo".

Dopo due anni di servizio, ha lasciato la marina mercantile per lavorare come fotografo professionista, inizialmente creando immagini di moda e studiando con l'art director Alexey Brodovitch presso il Design Laboratory della New School for Social Research. All'età di ventidue anni, Avedon ha iniziato a lavorare come fotografo freelance, principalmente per Harper's Bazaar. Ha fotografato modelli e moda per le strade, nei locali notturni, al circo, sulla spiaggia e in altri luoghi non comuni, impiegando intraprendenza e inventiva che sono diventati i caratteri distintivi della sua arte. Sotto la guida di Brodovitch, è diventato rapidamente il fotografo principale di Harper's Bazaar.

Dall'inizio della sua carriera, Avedon ha realizzato ritratti per la pubblicazione sulle riviste Theatre Arts, Life, Look e Harper's Bazaar. Era affascinato dalla capacità della fotografia di suggerire la personalità ed evocare la vita dei suoi soggetti. Ha catturato pose, atteggiamenti, acconciature, vestiti e accessori come elementi vitali e rivelatori di un'immagine. Aveva piena fiducia nella natura bidimensionale della fotografia, le cui regole si piegavano ai suoi scopi stilistici e narrativi. Come ha detto ironicamente, "Le mie fotografie non vanno sotto la superficie”. “Ho grande fiducia nelle superfici, una buona è piena di indizi”.

Dopo aver curato il numero di aprile 1965 di Harper's Bazaar, Avedon lasciò la rivista ed è entrato a far parte di Vogue, dove ha lavorato per più di vent'anni. Nel 1992, Avedon è diventato il primo fotografo dello staff del The New Yorker, dove i suoi ritratti hanno contribuito a ridefinire l'estetica della rivista. Durante questo periodo, le sue fotografie di moda sono apparse quasi esclusivamente sulla rivista francese Égoïste.

In tutto, Avedon ha gestito uno studio commerciale di successo. E’ stato ampiamente accreditato di aver cancellato il confine tra la fotografia "artistica" e "commerciale". Il suo lavoro di definizione del marchio e le lunghe associazioni con Calvin Klein, Revlon, Versace e dozzine di altre aziende hanno portato ad alcune delle campagne pubblicitarie più famose della storia americana. Queste campagne hanno dato ad Avedon la libertà di perseguire grandi progetti in cui ha esplorato le sue passioni culturali, politiche e personali. È noto per la sua estesa ritrattistica del movimento americano per i diritti civili, la guerra del Vietnam e un celebre ciclo di fotografie di suo padre, Jacob Israel Avedon. Nel 1976, per la rivista Rolling Stone, ha prodotto "The Family", un ritratto collettivo dell'élite di potere americana al momento delle elezioni del bicentenario del paese. Dal 1979 al 1985 ha lavorato a lungo su commissione dell'Amon Carter Museum of American Art, producendo il libro In the American West.

Dopo aver subito un'emorragia cerebrale mentre era in missione per The New Yorker, Richard Avedon è morto a San Antonio, in Texas, il 1° ottobre 2004.

(Fonte Avedon Foundation)

[Il fotografo Erwin Blumenfeld]

Erwin Blumenfeld nasce a Berlino il 26 gennaio 1897, da genitori ebrei. Inizia la sua carriera lavorativa come apprendista sarto da Moses e Schlochauer, nel 1913; apre poi un’attività in proprio ad Amsterdam, nel 1923, la "Fox Leather Company", un negozio di pelletteria specializzato in borse da donna. Dopo essersi trasferito in una nuova sede, nel 1932, incontra la camera oscura e inizia a fotografare molti dei suoi clienti, prevalentemente donne. L'azienda fallisce nel 1935, proprio mentre la carriera fotografica di Blumenfeld stava iniziando a prendere una svolta positiva. Dopo il trasferimento a Parigi, nel 1936, Blumenfeld viene incaricato a ritrarre personalità del calibro di George Rouault e Henri Matisse. Attira poi l'attenzione del fotografo Cecil Beaton, che lo aiuta a ottenere un contratto con Vogue Francia.

Durante la seconda guerra mondiale, nel 1941, Blumenfeld si trasferisce a New York, dove viene subito messo sotto contratto da Harper's Bazaar; dopo tre anni inizia a lavorare come freelance per Vogue America. Nei successivi quindici anni, il lavoro di Blumenfeld è apparso su numerose copertine di Vogue e in altre pubblicazioni tra cui Seventeen, Glamour e House & Garden. Durante questo periodo, ha prodotto campagne pubblicitarie per clienti di cosmetici come Helena Rubinstein, Elizabeth Arden e L'Oreal.

Alla fine degli anni '50, si dedica anche alla creazione di film, nella speranza di poterli usare commercialmente. Inizia poi a lavorare alla sua biografia e al suo libro “Le mie cento foto migliori”, che includeva solo quattro delle sue immagini di moda. Dopo la sua morte, avvenuta a Roma il 4 luglio 1969, sono stati pubblicati numerosi libri circa il suo lavoro, in particolare “The Naked and the Veiled” di suo figlio, Yorick Blumenfeld; mentre le sue fotografie hanno fatto parte di numerose esposizioni in numerose gallerie internazionali, tra cui la Galleria Pompidou di Parigi, The Barbican a Londra e The Hague Museum of Photography nei Paesi Bassi.

Erwin Blumenfeld è considerato uno dei primi pionieri della fotografia di moda insieme a George Hoyningen-Heune, Cecil Beaton e Horst P. Horst. Nel suo lavoro si riconosce una combinazione unica e magistrale di eleganza ed erotismo, che ha trasformato la moda in arte, aprendo così la strada a Richard Avedon, Irving Penn, Herb Ritts e altri fotografi.

Oltre a detenere il record per il maggior numero delle copertine di Vogue, le opere di Blumenfeld furono abbondantemente riprodotte nelle pagine di Cosmopolitan, Harper's Bazaar, Life e Vogue negli anni '30, '40 e '50.

Nello studio, Blumenfeld utilizzava spesso specchi, vetri e sfondi riprodotti da dipinti, immagini di cattedrali o mosaici di copertine di riviste. Utilizzava spesso veli, che potevano distorcere o allungare la figura, sicuro che una donna parzialmente nascosta fosse più carica eroticamente di quella vista completamente nuda. Credeva anche che la stampa dell'immagine fosse tanto importante quanto il processo di scatto e, come Man Ray, era instancabilmente inventivo in camera oscura, impiegando una varietà di trucchi ottici e chimici, tra cui esposizioni multiple, solarizzazione e sbiancamento.

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