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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con fotografia da leggere. Oggi non parleremo di un saggio fotografico, ma di un romanzo appena letto: “L’orsacchiotto” di Georges Simenon (Edizioni Adelphi, 2023). Da subito diciamo che, come capita spesso nei libri dello scrittore belga, la fotografia di copertina porta una firma illustre: si tratta di “Jean”, ritratta da Saul Leiter nel 1948.

La trama del libro restituisce atmosfere già provate in altri romanzi; del resto, tutto finirà in tragedia. L’incedere narrativo è quello di un piano inclinato che porterà a un epilogo infausto, di certo non inaspettato. Un medico di successo riceve delle minacce di morte, che restituiscono incertezza alla sua esistenza già vacillante, almeno dal punto di vista psicologico. Tutta la sua vita gli pone degli interrogativi, attraverso le persone che frequenta: la moglie, i figli, la segretaria, la vita professionale. L’orsacchiotto è il soprannome che il medico ha dedicato a un’amante, infermiera nel suo ospedale, con la quale ha intrattenuto rapporti notturni occasionali. La donna morirà suicida nella Senna e anche questo episodio gli riserverà risvolti morali negativi.
A un certo punto, Simenon usa la fotografia come elemento narrativo. Il medico confronta i propri dubbi di fronte a delle immagini, con queste parole: «Sulla scrivania, in omaggio alla tradizione di ogni medico, vi era la fotografia dei tre figli in una cornice d’argento. […] Su un pannello c’erano altre fotografie, quasi tutte di uomini anziani, accompagnate da dediche lusinghiere: i suoi docenti universitari e professori stranieri incontrati a convegni internazionali. Una sola fotografia, ingiallita, fuori moda, non riportava alcuna menzione: quella di suo padre».
Il medico riflette di fronte a quelle immagini incorniciate, mentre la sua vita sta andando a rotoli interiormente. Si tratta di un utilizzo felice dell’immagine scattata, perché il lettore può condividere sensazioni e stati d’animo, senza ulteriori descrizioni.

Il potere delle fotografie

Non possiamo dimenticare il potere delle fotografie e ci viene in aiuto una trasmissione televisiva trasmessa su RAI 3: “Le Ragazze”. Questa parla di storie di vita, di storie di donne che sono state ventenni negli anni '40, '50, '60, '70, '80, '90 o giovani di oggi che grazie al loro sguardo illuminano eventi della nostra storia recente. Il microcosmo di ogni singola donna, famosa o comune che sia, viene conosciuto anche attraverso le foto private di famiglia e si allarga a un piano più ampio, quello del contesto storico in cui si è trovata a vivere e degli eventi che l'hanno sfiorata o che ha vissuto da protagonista.
Le fotografie risultano centrali nella sceneggiatura del programma ed è da lì che parte tutto. La trasmissione è interessante e ben fatta. Ne consigliamo la visione.

Georges Simenon, note biografiche

Georges Simenon è nato a Liegi il 13 febbraio 1903. Nel 1919 iniziò a lavorare come giornalista per un quotidiano di Liegi e dopo il servizio militare pubblicò il suo primo romanzo sotto lo pseudonimo di Georges Sim. Tra il 1921 e il 1934 scrisse quasi 200 romanzi, che pubblicò con più di una dozzina di pseudonimi. Simenon si trasferì a Parigi nel 1924 e nel 1930 iniziò la famosa serie di romanzi polizieschi Maigret, che pubblicò con il proprio nome. Attraverso le dozzine di romanzi in cui appare, così come attraverso molti film e adattamenti televisivi degli stessi, l'ispettore Maigret, della questura di Parigi, è diventato famoso quanto Sherlock Holmes. Per molti critici, tuttavia, i migliori romanzi di Simenon sono quelli che esulano dalla serie di Maigret. Simenon è soprattutto un narratore; i suoi lettori sono immediatamente presi dal desiderio di sapere "cosa succede dopo" e dall'atmosfera avvincente.
Simenon si ritirò dalla scrittura di narrativa nel 1974, dopo aver prodotto una serie di romanzi, racconti, diari e altre opere. Il premio Nobel André Gide l’ha definito "forse il più grande e genuino romanziere della letteratura francese di oggi".
Georges Simenon è deceduto a Losanna, in Svizzera, nel 1989.

Saul Leiter, note di vita

Saul Leiter è un fotografo e un pittore americano. La pittura influenzò molto la sua fotografia. Le sue immagini comprendono scene di strada, narrazioni di momenti comuni e quotidiani, dove non sembra succedere alcunché di rilevante. I suoi soggetti sono uomini che camminano verso l’ufficio, postini al lavoro, donne ai tavolini per un tè. E’ proprio il succedersi di eventi non decisivi a comporre una vita intera: quella ritratta da Leiter.
Saul Leiter è nato a Pittsburg nel 1923. Figlio di un importante rabbino, sembrava delinearsi per lui la via che lo avrebbe condotto allo studio della religione ebraica. La passione per l’arte invece lo convinse a trasferirsi a New York, all’età di 23 anni. Di lì a poco sarebbe arrivata anche la fotografia, dopo l’incontro con Richard Pousette-Dart, pittore, ed Eugene Smith, fotografo. L’uso del colore, al posto del B/N, accrebbe la fama di Saul Leiter e gli permise di esprimere realmente se stesso. Lui, insieme a pochi altri (Eggleston, tra questi), vide nel colore un nuovo modo di analizzare i cromatismi dell’America di quel periodo.
Nelle immagini del fotografo americano emerge l’ottimismo, particolarmente in quelle che riguardano New York.
E’ innegabile che la pittura abbia avuto un ruolo fondamentale negli scatti di Saul Leiter, assieme a un amore profondo per la vita. Con un solo teleobiettivo, una superficie riflettente e dei colori vivaci, il vissuto fotografico (e non solo) può risultare appagante.
Parola di Leiter.
Saul Leiter muore il 3 dicembre 1923 a Pittsburgh, in Pennsylvania.

Le fotografie

Lo scrittore belga Georges Simenon cammina, nel 1957, a Milano presso il vicolo dei Lavandai, nella zona di porta Ticinese. L’immagine è tratta da un servizio fotografico di Emilio Ronchini, apparso su Epoca n. 378 del 29 dicembre 1957.
Copertina del romanzo “L’orsacchiotto”, di Georges Simenon. Fotografia di Saul Leiter (Jean, 1948).

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