Skip to main content

La nascita dei virus informatico

L'invenzione dei virus informatici riflette l'evoluzione dei conflitti moderni, in cui la tecnologia diventa sia un'arma sia uno strumento di potere.

Nato come strumento per la sperimentazione, il virus informatico ha rapidamente assunto connotazioni più minacciose, soprattutto a partire dagli anni '80, con la diffusione di personal computer e reti locali. Questi virus non solo mettevano in pericolo i sistemi ma anche l'integrità dei dati, dando inizio a una nuova forma di attacco che trascendeva i confini fisici. Il virus informatico non è solo come una minaccia tecnica, ma un'arma di destabilizzazione globale, utilizzata da attori statali e non per esercitare influenza e controllo senza ricorrere a conflitti armati tradizionali. nei virus non solo una sfida tecnica ma anche un “virus sociale” che rivela la superficialità con cui si affrontano le minacce digitali e l'ingenuità della fiducia cieca riposta nelle tecnologie, come accade in altre sfere della società.

Continua a leggere

La Caduta del Muro di Berlino

Quella sera non cadde solo il muro. Quel Giovedì 9 novembre 1989 rappresentò uno dei momenti più cruciali del ventesimo secolo, segnando la fine della Guerra Fredda e il crollo del sistema sovietico. Quella notte viene descritta come una narrazione avvincente fatta di tensione, speranza e impeto verso la libertà.

Il "Muro" era un lungo sistema di recinzione in cemento armato, lungo 155 km e alto 3,6 metri, che circondò dal 1961 la parte occidentale della città di Berlino, appartenente alla giurisdizione della Germania Ovest, ampia circa 480 km² e comunemente detta Berlino Ovest, per separarla dalla parte orientale della stessa città, divenuta capitale della Germania Est e comunemente detta Berlino Est.

Quel muro di cemento armato, simbolo dell'oppressione e della censura, non serviva solo a dividere Berlino, ma ad isolare ogni barlume di libertà che minacciava di accendersi oltre la Cortina di Ferro, Con le sue torri di guardia, i fili spinati e le guardie armate, era molto più di una semplice barriera: era un simbolo della Guerra Fredda, della diffidenza, della paura reciproca.

Continua a leggere

VACANZE ROMANE, LA PRIMA

27 agosto 1953: L'anteprima del film "Vacanze Romane" viene proiettata a New York City. Attori protagonisti sono Audrey Hepburn e Gregory Peck. Il film tratta la storia di una principessa europea che trascorre delle insolite vacanze nella Roma degli anni '50; diventerà un successo senza tempo.
I motivi però sono tanti: quell’Italia piace ancora, qui da noi e anche all’estero. La Capitale, poi, era bellissima, fresca, spavalda, pronta alle Olimpiadi, inebriata dal boom economico. In più, ecco un simbolo forte: la Vespa, lo scooter che ha segnato un’era.

L’Italia inizia a muoversi su due ruote, prima che con le quattro. In molti hanno posseduto quello scooter, che quasi veniva tramandato: dai fratelli maggiori a quelli minori; e poi ad amici, parenti, conoscenti. Nell’immaginario collettivo, quel corpo bombato (con pedane e manubrio) era diventato un simbolo di libertà, un modo per allargare la propria prossimità, comunque uno strumento col quale identificarsi. Non possiamo contare quante famiglie siano nate su quella “motoretta”; perché sì, anche l’amore, con la Vespa, finiva per emanciparsi, motorizzandosi a sua volta.

La Vespa, come simbolo del costume “italico”, è comparsa in numerosi film. I primi a guidare quello scooter sul grande schermo furono, nel 1953, Audrey Hepburn e Gregory Peck, protagonisti di “Vacanze Romane”. Negli anni ’60, ecco un’altra partecipazione importante: la Vespa recita nel film “La Dolce Vita”, di Federico Fellini. A pilotare lo scooter Piaggio è il Paparazzo, che scorrazza per Via Veneto alla ricerca di personaggi famosi da fotografare. Dino Risi scelse la Vespa come mezzo di trasporto per i protagonisti dei suoi lavori proletari: “Poveri, ma belli” (1956), “Belle, ma povere” (1957). Andando negli USA, a guidare una Vespa GS 160 sono i giovani di “American Graffiti” (1973), la pellicola nella quale George Lucas descrisse i sogni della gioventù americana degli anni ’60.
Finiamo con un cult movie: “Caro Diario”, di Nanni Moretti. Il regista, nel primo episodio del film, attraversa una Roma resa deserta dalle vacanze estive, scoprendo personaggi e luoghi mai visti prima.

L’elenco potrebbe continuare, ma preferiamo non dilungarci. Diciamo solo che tra Vespa e cinema è sempre stato amore, che confidiamo possa continuare.

Continua a leggere

THE TERMINAL, QUELLO VERO E IL FILM

26 agosto 1988. Inizia l'odissea di Merhan Karimi Nasseri, un rifugiato politico iraniano, che arrivato all'Aeroporto Charles de Gaulle di Parigi rimane per 18 anni nel limbo dello spazio extraterritoriale. La storia ispira il regista Steven Spielberg, che ne trae un film, The Terminal, con Tom Hanks e Catherine Zeta Jones come attori protagonisti.

The Terminal, il film diretto da Steven Spielberg, racconta la storia di Viktor Navorski (Tom Hanks), un viaggiatore proveniente dalla Cracosia (paese di fantasia), che arriva all'aeroporto John F. Kennedy di New York, per scoprire che il suo passaporto improvvisamente non è più valido. Infatti, a causa della guerra civile nel frattempo scoppiata in patria, Viktor non è più autorizzato né ad entrare negli Usa né a tornare a casa: è tecnicamente apolide. Per questo motivo, dall'ufficio dei visti sequestrano il suo passaporto e il suo biglietto aereo.
Senza altra scelta, Viktor si stabilisce nel terminal con i suoi bagagli e una lattina di arachidi. Nel frattempo, Viktor fa amicizia con i dipendenti del terminal e assiste i viaggiatori dell'aeroporto. Tra questi, un'assistente di volo di nome Amelia Warren (Catherine Zeta Jones), che vede periodicamente e cerca di corteggiare, presentandosi come un imprenditore edile che viaggia spesso. Viktor, in realtà, dopo aver impulsivamente rimodellato un muro, è stato assunto da un appaltatore aeroportuale e pagato sotto banco.

Amelia accetta un invito a cena da Viktor, nella sua casa improvvisata all'interno del terminal con l'aiuto dei suoi nuovi amici. Le mostra la lattina di arachidi che porta sempre con sé ed il suo contenuto: una collezioni di autografi e locandine dei jazzisti più famosi.
Il suo defunto padre era un appassionato di jazz e desiderava collezionare gli autografi di 57 musicisti. Morì prima di poterne ottenere l'ultimo, quello del sassofonista tenore Benny Golson. L'unico motivo del viaggio a New York di Viktor era proprio quello di completare la preziosa collezione del padre. Amelia, commossa dalla storia appena ascoltata, bacia Viktor. Sono passati 9 mesi dall'arrivo di Viktor in aeroporto quando alcuni amici lo svegliano con la notizia della fine della guerra in Cracosia.

Viktor si troverà a questo punto a dover scegliere tra il ritorno a casa e la sua nuova realtà.

Continua a leggere