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NICOLE KIDMAN, BELLEZZA ESAGERATA

Il titolo rischia di ingannare, perché le qualità di Nicole Kidman non si fermano alla sola bellezza. Certo è che si tratta di un aspetto recitativo presente e disponibile, sempre ben gestito; nulla di male, quindi: né circa la versatilità dell’attrice (immensa), tantomeno nei nostri confronti, per via di un titolo azzardato solo in apparenza.

Abbiamo incontrato Nicole Kidman il 20 giugno del 2020, dove parlammo di “Fur - Un ritratto immaginario di Diane Arbus”. All’inizio del film, Nicole Kidman impersona la tipica donna americana anni ’50. Ha i genitori ricchi ed è sposata con un fotografo. La sua esistenza non le offre nulla di speciale: aiuta il marito nella sua attività, cambia i rullini, sistema le macchine fotografiche. Per il resto, si occupa dei figli, accantonando interessi e ambizioni. La svolta nella trama arriva quando nel palazzo dove vive viene ad abitare un nuovo inquilino, mascherato e misterioso. Lui eserciterà una forte attrattiva su Diane, sin dal primo contatto visivo, avvenuto per caso.
La conoscenza di Lionel (questo il nome dell'uomo, ricoperto di peli per via di una strana malattia) aprirà a Diane una nuova visione sul mondo, dove vivono desideri oscuri, assieme a uomini e donne deformi, nani e travestiti, individui costretti a nascondersi. Tra i due nascerà un'amicizia che diventerà amore. Le certezze di Diane crollano e verrà spinta a trasformarsi in una fotografa, offrendo così alla propria vita una sterzata improvvisa. La sua fotografia diventerà ricerca, provocazione, rottura degli schemi. La bellezza dell’attrice, anche questa volta esagerata, offrirà il giusto contrasto alle vicende.

Un altro film che ci ha colpito è The Interpreter, per la regia di Sydney Pollack. Fuori orario, nell'edificio dell'ONU, dentro una cabina insonorizzata, Silvia Broome, un’interprete (Nicole Kidman), ascolta per caso una voce che minaccia di morte il leader di uno Stato africano. Da quel momento la sua vita è sconvolta: braccata da chi vuole ucciderla e sospettata dall'FBI, troverà sollievo soltanto nelle parole di Tobin Keller (Sean Penn), l’agente federale incaricato di proteggerla.
Kidman interpreta una Silvia dalla bellezza esagerata, anche quando veste abbigliamenti senza eccessi. Nel clima "armato" del terrorismo internazionale trova un mondo diplomatico dell'anima assieme a Tobin, un territorio ampio nel quale comunicare e raggiungersi. Sydney Pollack crede nel potere della parola in grado di negoziare la pace: quella pubblica e privata, del mondo e della coscienza.

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NASCE GIANGIACOMO FELTRINELLI

Prima di parlare di Feltrinelli desideriamo ricordare Anouk Aimée, appena deceduta. L’abbiamo festeggiata quest’anno nel giorno del suo compleanno, il 27 aprile. L’attrice ha lasciato al cinema tutto il suo fascino elegante.

Giangiacomo Feltrinelli, detto Osvaldo, è nato il 19 giugno 1926 a Milano, da una delle famiglie più ricche d'Italia. Durante la seconda guerra mondiale Feltrinelli decise di prendere parte attiva alla lotta anti-fascista. Aderì poi al Partito Comunista, che sostenne con ingenti somme di denaro. Nel 1954 Giangiacomo Feltrinelli fondò l'omonima casa editrice, che pubblicò alcuni tra i libri più importanti della letteratura italiana del tempo, come "Il Gattopardo", di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e "Il dottor Zivago", di Boris Pasternak.
Nei suoi viaggi a Cuba incontrò Fidel Castro. Riportò a casa "Diario in Bolivia", opera di Che Guevara, e soprattutto la foto "Guerrillero Heroico", scattata il 5 marzo 1960 da Alberto Korda, divenuta poi celebre in tutto il mondo rendendo iconografico il volto del Che.

Il 14 marzo del 1972, Giangiacomo Feltrinelli morì mentre si trovava su un traliccio dell’ENEL per provocare un black-out a Milano. Le cause del suo decesso conservano ancora oggi molte ombre.

Parlando di Giangiacomo Feltrinelli è giusto ricordare anche la figura di Che Guevara. Lui nasce a Rosario, in Argentina, il 14 giugno del 1928. Verso la metà degli anni '50 si trasferisce a Cuba e diventa il braccio destro di Fidel Castro. Insieme, guidano e vincono la rivoluzione cubana. Dopo il 1965, Guevara, soprannominato “Il Che”, ormai noto in tutto il mondo, abbandona l’isola caraibica per combattere altre battaglie per la liberazione dei popoli, prima nell’ex Congo Belga e poi in Bolivia. Il 9 ottobre 1967 viene ucciso per mano di un gruppo di militari governativi boliviani assistiti dai servizi segreti americani.
La figura di Ernesto diventa un "mito", un'icona di livello internazionale per tutti quelli che si riconoscono nei suoi ideali rivoluzionari. Una sua foto scattata nel 1960 dal fotografo Alberto Korda e da questi regalata all'editore italiano Giangiacomo Feltrinelli è diventata una delle immagini più famose del Ventesimo secolo, la più riprodotta in assoluto nella storia della fotografia.

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BUON COMPLEANNO GIANNI

Gianni Pezzani fotografo, all'anagrafe Giovanni Pezzani, nasce a Colorno il 18 giugno 1951. Lo abbiamo incontrato nella rubrica “Fotografia da leggere”, quando presentammo il libro “Inclassificabile”, a sua firma, edito dalla Nuova Editrice Berti (2023). Era il 22 gennaio di quest’anno.

Anni addietro (2016) ci è stata offerta la possibilità di intervistarlo. Eccone un riscontro, con le impressioni del dialogo intercorso.

L’incontro con Gianni Pezzani è cordiale e diretto. Abbiamo l’impressione che abbia voglia di parlare con noi, di fotografia e della sua vita: due elementi che sono difficili da separare nello scorrere del racconto che lo riguarda.
Laureato in Agraria, inizia a fotografare da giovanissimo. Ci dice di amare la stampa, a livello maniacale; e noi crediamo che questo rappresenti un sintomo e non soltanto un’esigenza primaria. Sì perché lui ama sperimentare e affidare i suoi sforzi a dei progetti a lunghissimo termine, messi in un cassetto e alimentati pian piano, in rapporto ai risultati. La stampa, forse, sottolinea un elemento terminale: suggerisce che un processo è terminato o che, quantomeno, le cose stanno andando per il giusto verso.

È anche il fattore tempo a emergere nei lavori di Gianni. «Senza ricordi non si è vissuto», ci dice; ma la ricerca del nostro va oltre la memoria, trasformando quel preciso istante in una connotazione in più. I suoi lavori sono storie affidate a chi guarda, dove il tempo diventa una dimensione aggiuntiva assolutamente facilitante. Non è quindi il fotografo a utilizzarla direttamente; piuttosto si tratta di una chiave di lettura affidata allo spettatore, comunque sempre presente nei lavori che abbiamo visto, persino nei più semplici.

Cosa ancora su Gianni Pezzani? Gli abbiamo riconosciuto una sensibilità infinita. Lui ama la notte, camminandoci dentro. Del resto, la fotografia la sente dentro di sé, vivendola come sentimento. La sperimentazione nasce anche da lì, come confronto con lo strumento: una messa in discussione che fu dei grandi. Gianni Pezzani è tra questi.

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PHILIPPE HALSMAN A MILANO

Abbiamo incontrato Philippe Halsman più volte e oggi ci occuperemo di una mostra che lo riguarda, esposta a Palazzo Reale, nella città di Milano, fino all’1 settembre 2024.

Lui era solito far saltare i suoi soggetti, per una ragione “logica”: «Ogni inibizione dovuta alla presenza dell’obiettivo viene annullata, perché l’attenzione è rivolta maggiormente al salto. Vengono così rivelati i veri tratti del viso». Philipp ha immortalato diversi personaggi illustri: Marilyn Monroe, Frank Sinatra, Dean Martin, Jerry Lewis, Muhammed Alì, Louis Armostrong.
Philippe Halsman è famoso per altri accadimenti, non solo legati alla rivista LIFE, per la quale ha prodotto più di cento copertine. Il fotografo, prima di approdare negli USA, era stato accusato di omicidio. Suo padre, infatti, morì in circostanze misteriose durante una gita in montagna. Philippe era con lui.

Il fotografo (Riga, 2 Maggio 1906 – New York, 25 Maggio 1979) ha comunque avuto una vita tormentata. Nasce da una famiglia ebrea, composta da un dentista e una preside di liceo. Nel settembre del 1928, durante una gita sulle Alpi Austriache, il padre Morduch muore in circostanze misteriose. Philippe venne accusato di omicidio e condannato per questo a quattro anni di reclusione. Tutta la propaganda anti ebraica era contro di lui e all'epoca il caso si diffuse sulla stampa di tutto il mondo. Molti si espressero a favore di Philippe, a sostegno della sua causa; tra questi ricordiamo A. Einstein e T. Mann. Venne rilasciato nel 1931, a condizione però che lasciasse il territorio austriaco.
Inizia per Philippe un lungo peregrinare. Si trasferì a Parigi, dove, come fotografo, collaborò con alcune riviste di moda. Ma l'invasione tedesca (1940) lo costrinse a fuggire ancora: prima a Marsiglia, poi negli USA; sempre con l'aiuto di A. Eistein.
Il caso di Philippe Halsman è stato ripreso da Martin Pollack quale elemento ispiratore per il romanzo “Assassinio del Padre”, il caso del fotografo Philipp Halsman (edizioni Bollati Beringhieri). Il libro è di assoluto interesse e molto preciso nella narrazione storica. Ne esce tutta l'Austria del momento ed anche il carattere del giovane Philipp. Ne consigliamo la lettura.
Philippe si era avvicinato alla fotografia, appassionandosi, all'età di tredici anni: essendo venuto per caso in possesso di una fotocamera. Ha studiato ingegneria.

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