KODACHROME ADDIO
22 giugno 2009: La leggendaria pellicola Kodachrome, la stessa che ha immortalato l'assassinio di Kennedy, la Ragazza Afgana di Steve McCurry, quella alla quale Paul Simon dedicò una delle sue canzoni più popolari, va in pensione. Il motivo? Non si vende più.
La vita non accade in bianco e nero, così nel 1935 Eastman Kodak fece in modo che smettessimo di raccontarla senza colori. E per questo che è nato Kodachrome, il marchio delle pellicole invertibili a colori.
Quando fu lanciato per la prima volta, nel 1935, venne venduto inizialmente come formato cinematografico da 16 mm. Solo l’anno successivo è stato reso disponibile l’8 mm e, infine, il formato 35 mm. Ricordiamo che nel Kodachrome erano racchiuse tre pellicole in B/N e che i cromogeni venivano aggiunti in sede di sviluppo. In gergo, quelle DIA venivano definite a “sviluppo pagato”, perché all’atto di acquisto si pagava anche il processo chimico successivo.
Qualcuno piange ancora Kodachrome? Steve McCurry, il cui archivio conta 800.000 fotogrammi scattati con quelle DIA, peraltro ottenuti nel corso di quattro decenni, ha detto: «Scatto in digitale da anni, ma non credo si possa fare una fotografia migliore, a determinate condizioni, come quella possibile con Kodachrome. Con la fotografia digitale, si hanno molti benefici, ma molti vanno colti in post-produzione. Con Kodachrome le immagini sono già brillanti dopo lo scatto. «Ho ancora un paio di rotoli di Kodachrome in frigo», ha aggiunto il fotografo. «Il mio frigo sarebbe vuoto senza di loro. Se mai faranno rivivere Kodachrome, come hanno fatto con Polaroid, sarò pronto a ricominciare».
Chi vi scrive non ricorda l’ultima volta che ha scattato con Kodachrome e nemmeno cerca di stabilire una data. Nostalgia? No: le lacrimucce lasciamole ad altro. La verità è che eravamo più giovani e ricordiamo quella pellicola con la stessa dolcezza con la quale rammentiamo la prima motocicletta o la 500 usata. Tutto bello, per carità, ma quante volte siamo rimasti a piedi! Il digitale? Forse ha ragione Scianna (Ferdinando): «E’ come l’ascensore. Tutti sanno che sarebbe meglio prendere le scale, ma nessuno lo fa».
Kodachrome ha avuto un tale impatto sull'industria cinematografica, che nel 2017 è uscito un lungometraggio con lo stesso nome. Il film era ambientato in gli ultimi giorni dell'ammirato sistema di sviluppo fotografico, seguendo il viaggio che un padre e un figlio hanno affrontato per raggiungere il laboratorio fotografico del Kansas (l’ultimo a trattare Kodachrome) prima che chiudesse i battenti per sempre.