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GHOSTBUSTERS

8 giugno 1984, esce nelle sale cinematografiche statunitensi Ghostbusters, Acchiappafantasmi. Prima di parlare del film, dobbiamo ricordare due notizie riportate gli anni scorsi.

L’8 giugno 1949 viene pubblicato il romanzo “1984” di George Orwell, dove compare il vero Grande Fratello. Chi lo legge viene pervaso da dubbi e ripensamenti, che è impossibile ignorare. Quasi come un indovino, Orwell ha anticipato i temi per noi attuali: la funzione manipolatrice della televisione e dei mezzi di comunicazione in generale, attraverso i quali si può facilmente imporre il proprio controllo sulle masse, indebolendone idee, pensieri e linguaggi.

L’8 Giugno 1972, in Vietnam, Nick Ut scatta la famosa fotografia con la bambina nuda che scappa dai bombardamenti. Si chiamava Kim Phuc. Il napalm le aveva bruciato i vestiti e lei stessa era ustionata. Il fotografo l’aiuterà. Quell’immagine diventerà il simbolo di una tragedia universale chiamata guerra.

Torniamo al film, con un accenno alla trama. Tre ricercatori esperti di fenomeni paranormali vengono espulsi dall'Università. Si mettono in proprio e fondano un'impresa specializzata come 'acchiappafantasmi'. La prima cliente è Dana Barrett che nel proprio appartamento di West Central Park è stata oggetto di visite terrificanti, delle quali non sa darsi una spiegazione. È solo l'inizio di un'avventura che porterà i Ghostbusters a dover cercare di salvare la città da una minaccia che proviene dall'antichità.
Rivedere oggi quel film mette un po’ di nostalgia, soprattutto se prima si ascolta il brano Ghostbusters, di Ray Parker Jr., tema portante e attuale ancora oggi. Erano altri tempi, quando la sala cinematografica rappresentava ancora il luogo di culto dove poter godere di una buona pellicola.

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L’OSKAR DI SCHINDLER LIST

Il 7 giugno 1952 nasce Liam Neeson, l’interprete del film Schindler's List, di Steven Spielberg (1993). La pellicola narra vera storia di Oskar Schindler, industriale tedesco. Nel 1938 si lega ai comandanti militari: li frequenta offrendo loro il lusso dei locali notturni. Quando gli ebrei sono rinchiusi nel ghetto di Cracovia, Schindler riesce a farsene assegnare alcune centinaia come operai nella sua fabbrica di pentole. Non li assunse per sfruttarli, nacque da lì una grande operazione di salvataggio. Oscar comprerà le vite di milleduecento ebrei (la famosa lista) che altrimenti sarebbero andati a morire nel campo di Auschwitz.

Ricordiamo, nel film, l’espressione di Liam Neeson, sempre assorta, attenta, ossessionata dall’idea che sta portando avanti: una grande recitazione.
L’opera filmica, concepita per essere opera d'arte ma anche documento, è stata girata interamente in bianco e nero, fatta eccezione per quattro scene. All’inizio si vedono due candele spegnersi, mentre altre due riacquistano colore verso la fine della narrazione; in altri due momenti del film appare una bambina con un cappotto, solo quest'ultimo colorato di rosso: prima durante il rastrellamento del ghetto, poi durante la riesumazione delle vittime. Per finire, è a colori la sequenza finale del film, quando, in tempi recenti, vengono deposti i sassi sulla tomba del vero Oskar Schindler, presso il cimitero di Gerusalemme.

E’ difficile menzionare tutti i lungometraggi nei quali Liam Neeson giganteggia. Qui, in questa sede, a noi piace ricordare il suo ruolo nel film Love Actually-L’amore davvero (2003). La pellicola offre un cast gigantesco, che comprende tra gli altri: Hugh Grant, Colin Firth, Emma Thompson, Alan Rickman, Keira Knightley e appunto Liam Neeson. La trama dell’opera, cadenzata dalla canzone “Love Is All Around”, tratta dieci vicende amorose di personaggi inglesi, in un clima natalizio. Liam recita il ruolo di un padre vedovo, il cui figlio è innamorato di una compagna di classe che sta partendo per gli Stati Uniti. Daniel (Neeson nel film) farà di tutto perché i due ragazzini possano salutarsi come meritano. Non è una parte indicata per l’attore che incontriamo oggi, ma lui si muove nelle scene con agilità, senza indugi o incertezze. Una conferma.

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IL PRIMO DRIVE-IN

Non vogliamo dimenticarlo. 6 giugno 1944, all'alba inizia una delle più importanti e decisive azioni militari della seconda guerra mondiale: le truppe alleate sbarcano sulle coste della Normandia, al comando del generale Eisenhower. È il D Day. Quando i soldati del 16° reggimento della prima divisione di fanteria sbarcarono a Omaha Beach il fotografo Robert Capa, al servizio della rivista Life, era tra questi. Scatterà le “magnifiche 11”, delle quali abbiamo parlato gli anni scorsi.

Oggi cambiamo argomento. Il 6 giugno 1933, Richard Hollingshead inaugurò a Camden, New Jersey, il primo drive-in della storia. La ricetta risultò semplice: uno spazio di terra, uno schermo gigante dove proiettare un film e un altoparlante per ogni auto parcheggiata.
Hollingshead aveva già sperimentato la sua idea, montando un proiettore sul cofano della sua auto e proiettando un film su un lenzuolo teso tra due alberi. Una volta brevettato il tutto, aprì il suo drive-in e in poco tempo ne nacquero altri, in tutti gli Stati Uniti.

Molti film ci hanno fatto conoscere il drive-in, come parte della loro sceneggiatura. Ricordiamo, a proposito, Grease-Brillantina. In questo film c’è una scena ambientata in un drive-in, nella quale Danny invita Sandy per riconquistarla, ma per via dei suoi modi frettolosi la ragazza scappa via piangendo.
C’è poi The Founder, di John Lee Hancock (2017). La pellicola racconta la vera storia dell’imprenditore Ray Kroc e di come sia riuscito a impossessarsi il marchio McDonald’s dai due fratelli McDonald. Il film si apre proprio con una scena ambienta in un drive-in.
In American Graffiti di George Lucas (1973) il Mel’s drive-in è sullo sfondo della prima scena. In Nuovo cinema paradiso, di Giuseppe Tornatore (1988), Alfredo proietta un film sul palazzo di fronte davanti alla folla meravigliata. Non si tratta di un vero e proprio drive-in (non ci sono automobili), ma lo spirito è lo stesso.

La popolarità del drive-in raggiunse il massimo dopo la seconda guerra mondiale. Il drive-in offriva un diversivo alle famiglie, dove i genitori potevano portare i bambini senza preoccuparsi dei fastidi che potevano causare.
I drive-in non proiettavano film d’autore e tra i servizi era disponibile un angolo ristoro e un parco giochi dove i figli potevano correre se si annoiavano. E poi, le coppie potevano vedere un film e rimanere insieme amoreggiando.

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UN ALTRO FOTOGRAFO A TIENAMMEN

3 Giugno 1989. Il governo cinese invia le truppe per cacciare i manifestanti raccoltisi a Piazza Tienammen dopo quasi due mesi di occupazione.
Un manifestante cinese ferma una fila di carri armati a Chang’an Avenue, vicino a Piazza Tiananmen a Pechino. E’ il 5 giugno del 1989, un giorno dopo l’inizio della violenta repressione del governo cinese contro i manifestanti a Tiananmen. I carri armati cercarono di aggirarlo ma il ragazzo li bloccò più vote e alla fine salì su uno di questi per parlare brevemente con i soldati. Il ragazzo scese dal carro armato e venne allontanato da due persone che secondo alcuni erano manifestanti e secondo altri i servizi segreti cinesi. Non si è saputo più nulla di lui. Sono circolate voci mai verificate della sua esecuzione o del suo ricovero in un ospedale psichiatrico. Nel 1998 la rivista Time l’ha inserito nella lista delle 100 persone più importanti del secolo.

Esistono cinque versioni diverse di fotografie che documentano l'evento. Forse la versione più diffusa è quella scattata dal fotografo Jeff Widener della Associated Press dal sesto piano dell'hotel di Pechino, lontano all'incirca 800 metri, con una macchina fotografica dotata di un obiettivo da 400 mm e di un moltiplicatore di focale. Un'altra versione è quella del fotografo Stuart Franklin della Magnum. La sua fotografia è più ampia rispetto a quella di Widener, e mostra un numero maggiore di carri armati di fronte al ragazzo. Ne parlammo lo scorso anno.

Oggi ci occuperemo di Charlie Cole e dell’immagine che ha scattato, con una riflessione. Per quanto iconica sia diventata la sua fotografia, lo stesso fotografo arrivò a rinnegare la fama che raggiunse, perché oscurava gran parte degli altri scatti circa il massacro di piazza Tiananmen. «Jacques Langevin, Peter e David Turnley, Peter Charlesworth, Robin Moyer, David Berkwitz, Rei Ohara, Alon Reininger, Ken Jarecke e altri hanno contribuito alla documentazione storica più completa di ciò che è accaduto durante quella tragedia», ha detto Cole al New York Times. «Non dovremmo lasciarci indurre a una visione semplicistica e unica di questo evento incredibilmente complesso».

Il fotografo, riferendosi a colui che aveva fermato i carri armati, alla BBC nel 2005 ebbe modo di dire: «È stato lui a creare l'immagine; io ho soltanto scattato la foto».

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