ATTENTATO A TOGLIATTI
14 luglio 1948. Palmiro Togliatti, leader del PCI, viene ferito gravemente da un estremista di destra. E' un momento delicato per l'Italia che, da poco uscita dalla guerra. L'attentato rischia di portare il paese alla guerra civile: scioperi, sommosse, fabbriche occupate, violenti assalti alle sedi cattoliche e ai partiti.
Il 1° gennaio del 1948 l’Italia aveva salutato il primo giorno della Costituzione Repubblicana. Il paese era più spaccato che mai. La rivalità “politica” rifletteva al suo interno due visioni contrapposte: da un lato la Democrazia Cristiana, dall’altro il neonato Fronte Democratico Popolare costituito da socialisti e comunisti. E’ l’Italia di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, di un giovane Giulio Andreotti e di Pietro Nenni, dei personaggi di Don Camillo & Peppone creati dalla fantasia di Guareschi.
Le prime elezioni politiche si tengono il 18 marzo 1948, fra mille tensioni: la sinistra accusa i centristi di una sudditanza nei confronti di USA e Vaticano; gli altri asseriscono che la scelta non è tanto fra due partiti di differenti ideologie, quanto tra Cristo e l’Anticristo, tra l’Occidente e l’Unione Sovietica. Si arriva anche alle minacce di scomunica, con Pio XII chiaramente schierato con la DC.
I risultati elettorali segnano una schiacciante vittoria della DC che ottiene il 48,5% dei suffragi a fronte del 31% raccolto dal Fronte; Alcide De Gasperi diventa capo del Governo. Le cose si complicano quando alle 11.30 del 14 luglio Antonio Pallante, un giovane siciliano legato ad ambienti dell’estrema destra, attenta alla vita di Togliatti in piazza Montecitorio a Roma, ferendolo gravemente. Scoppiano tumulti e rivolte. Sono giorni di altissima tensione. L’Italia è sull’orlo della guerra civile: tuttavia, lo stesso Togliatti invita tutti alla calma, rifiutandosi di cavalcare l’onda della protesta.
Nello scenario politico si infila anche lo sport, con Gino Bartali. La delegazione italiana che a fine giugno 1948 si presenta in Francia per prendere parte al Tour è priva di due atleti importanti: Fausto Coppi e Fiorenzo Magni restano a casa, l’uno per scelta personale e l’altro perché politicamente sgradito al di là delle Alpi. La squadra diretta dall’ormai leggendario Alfredo Binda punta tutto su un Bartali già trentaquattrenne, che ben pochi considerano in grado di ripetere l’impresa di dieci anni prima. Il 13 luglio, praticamente a metà Tour, Bartali si ritrova con 21′ di ritardo da Bobet.
Buona parte dei giornalisti e dei fotografi italiani al seguito della corsa fanno rientro in patria. Per i nostri corridori non sembrano più esserci speranze di successo (“Ha 34 anni, è troppo vecchio per il Tour!”, scrivono proprio di Gino Bartali i nostri quotidiani), ma in più il 14 luglio c’è stato l’attentato a Togliatti ed il paese sembra precipitare verso la guerra civile.